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Quando sono in ferie non ho voglia di fare niente (quando uno è pigro, lo è in modo integrale), ma in questi giorni il tempo si è guastato, per cui la consueta routine del bagno di sole continuato, con tanto di scorte di sudoku, non è praticabile, per cui, in mancanza di meglio…

Scherzi a parte (ma neanche tanto…) devo innanzi tutto ringraziare tutti quelli che sono venuti alla sconvenscion per la bellissima giornata (il basket è – era - sport per gente intelligente) e per la coda in serata con cena e bellissima conversazione a tre. Peccato solo che fossimo solo in tre, per il resto è stato perfetto.

Nel frattempo ce n’è stato di basket. Devo comunque dire che la mia attenzione era rivolta per la massima parte agli Europei femminili, dei quali parlerò dopo, per cui del campionato italiano ho visto, anche per una serie di coincidenze temporali, troppo poco per dare un giudizio serio e ponderato, per cui mi limiterò a fare qualche considerazione come dire, a pelle, a sensazione.

Anche se avessi visto e analizzato tutte le partite penso comunque che sarei in grave crisi, in quanto giuro che il gioco di Venezia non sono riuscito a capirlo. Però hanno vinto lo scudetto e dunque hanno palesemente ragione loro, e la cosa mi crea grave imbarazzo. L’impressione che ne ho avuto è che prima di ogni loro partita, e non solo nella serie finale, non si potesse prevedere quale loro versione sarebbe scesa in campo. Lo si sarebbe visto nel corso della partita stessa. Cosa che comunque, se ci pensate bene, è un grosso vantaggio in una serie fra squadre che si conoscono a fondo creando ogni volta un effetto sorpresa che però non so quanto fosse voluto. Dall’altro canto Trento dava la sensazione di essere una squadra con una personalità molto più definita e non si può non ricordare che l’assenza di Sutton per una partita e mezza è stata per loro una iattura straordinaria, viste anche le rotazioni abbastanza limitate che avevano. Da quello che ho potuto vedere è stata una serie giocata con grinta feroce, tecnicamente non proprio memorabile, per usare l’eufemismo, o meglio si dovrebbe probabilmente dire litote, più blanda che riesco a trovare. Chi mi conosce sa che il basket che mi piace meno è quello giocato all’arma bianca,senza variazioni di ritmo e velocità, che non da mai l’impressione che i giocatori in campo per qualche momento si fermino a ragionare e a trovare altre vie per ottenere i loro scopi. E quando non vedo le rotelle del cervello che girano sotto la calotta cranica dei giocatori, allora quello che fanno onestamente non mi interessa. Forse anche per questo ho visto poco della serie finale e le coincidenze temporali sono solo un pretesto. Provo a essere onesto, anche con me stesso.

Quanto appena scritto è ovviamente anche la ragione per la quale l’NBA mi interessa sempre di meno e anche stavolta non ho visto nulla, ma proprio nulla, se non dei highlights a posteriori, credetemi, dei playoff finali. Da quel poco che avevo visto prima mi pareva che l’NBA avesse giocato sei mesi di partite senza sosta solamente per vidimare quello che si sapeva prima ancora che iniziasse, e che cioè tutta la faccenda era un affare a due fra Cleveland e Golden State con questi ultimi che avevano preso il giocatore che più spostava gli equilibri in campo, il giocatore che mi sembra in questo momento unico al mondo che possa fare una cosa del genere, come ampiamente dimostrato anche a livello internazionale dai Mondiali di Turchia in poi. Ragion per cui i pronostici sembravano scontati, cosa che si è perfettamente verificata sul campo, e anzi devo fare tanto di cappello a Lebron James per avere opposto una, dicono, fiera resistenza almeno in determinate partite e segmenti di partita, guidando molto bene, con grande maturità e responsabilità, una squadra che era palesemente inferiore a quella avversaria. L’unica cosa che mi dispiace è che daranno un anello anche a Jamel McGhee, o Magee, o come diavolo si chiama, quello che dopo un rimbalzo dei suoi in attacco era ritornato in difesa. Il basket era uno sport per gente intelligente.

In margine una considerazione: James l’anno prossimo andrà per 34, per cui è solo logico supporre che da qui in poi la sua parabola atletica, sulla quale fonda tutto il suo gioco (giustamente, lo dico in fretta – se uno ha il suo fisico l’unica cosa normale da fare è sfruttarlo), non salirà di certo. Ogni anno dal primo, massimo secondo, anno di college arrivano mezzi giocatori che nell’NBA bloccano ogni possibile progresso tecnico che dovrebbero ancora compiere, per cui negli ultimi anni le prime scelte non hanno spostato neanche una virgola negli equilibri complessivi, e dunque morale della favola i valori nella Lega sono sempre più distinti con Golden State che, lo testimonia l’ingaggio di Durant, al quale evidentemente deve piacere vincere facile, fa sempre più quello che fa la Juve nel campionato italiano di calcio, cioè domina e condiziona il mercato. Alla faccia di una Lega che fa dell’equità competitiva e dell’incertezza uno dei suoi cavalli di battaglia! Ma ci pensano al grossissimo problema che si trovano davanti con tutto il suo corollario di credibilità, soprattutto per le sempre più inutili partite della fase regolare? Visto come sono riusciti a fare di un puro e semplice spettacolo con valori agonistici ristretti all’ultimo mese di repliche un brand internazionale di straordinario successo, il che vuol dire che sono maledettamente bravi, penso proprio di sì. E come pensano di porci rimedio? Sarei molto interessato a saperlo.

Ci sono stati anche i playoff di A-2 che hanno visto coinvolta la squadra della mia città. Purtroppo è andata come è andata a finire, come in effetti era solo logico che finisse. L’Alma ha giocato una stagione straordinaria, ha risvegliato l’interesse, in realtà mai definitivamente sopito, di una città che da tempo immemorabile vive di basket (da ancora molto prima della seconda guerra mondiale, interesse che si è poi tramutato in uno straordinario progresso tecnico dovuto all’occupazione alleata che abbiamo avuto per nove anni e che ci ha portato in diretto contatto con il basket degli allora marziani americani, per cui, mi dispiace, oh bolognesi, potrete insultarmi quanto volete, potrete ridermi dietro, ma se c’è, per storia, per tradizione, per conoscenza del gioco diffusa fra tutta la sua gente una città in Italia che possa essere chiamata Basket City questa non può non essere Trieste – per dire, storicamente abbiamo colonizzato Milano due volte, e in quanti altri campi una cosa del genere sarebbe solo ipotizzabile?), ha fatto insomma una cosa speriamo non irripetibile, ma alla fine la squadra era quella che era, le rotazioni erano quelle che erano, dopo la grande serie con la Fortitudo è mancata la benzina, i chili e l’esperienza erano tutti per la Virtus, insomma, onestamente, nella serie finale non avevamo nulla da cercare né da chiedere.

Ovviamente la domanda che sorge spontanea, come recita un frusto cliché, è: “Ma la FIP ha visto l’interesse spasmodico creato da questa serie di A-2? Ha visto anche in che palestre si è giocata la finale scudetto? Le va bene così?” Perché se la risposta è sì, allora siamo evidentemente nelle teste di qualcuno ancora all’età della pietra. Secondo me qualsiasi organizzazione che crea spettacolo in campo sportivo, come in effetti il basket di vertice è, che non abbia come suo fine massimo quello di avere il massimo interesse legato alla manifestazione che organizza, nel senso di pubblico in primis, e di interesse dei media e dell’opinione pubblica in secondi, è un’organizzazione che non sa fare, sic e simpliciter, visto che mi scappano locuzioni latine, il suo dovere. Ora, è solo ovvio, e soprattutto io non lo metto mai in discussione, visto che ha origini dalla mentalità stessa dello sport che abbiamo noi europei, che il diritto sportivo non si tocca. Se una squadra si è qualificata per la Serie A-1, anche se arriva da Tarcento o da Abbiategrasso, ha tutto il diritto di giocarci. Però, e qui è secondo me il nocciolo della questione, non lo può fare in una palestrina scolastica. Punto. Il basket del massimo vertice è una cosa seria e per farlo ci vogliono infrastrutture, leggi impiantistica e facilità logistica (aeroporti vicini e accoglienza alberghiera di livello), del massimo livello. Per una ragione estremamente semplice: perché solo creando interesse attorno alla squadra, avendo tantissimo pubblico pagante nel palazzo (non uso la parola palazzetto apposta) dello sport, avendo interesse ai gadget della società, magari avendo un buon contratto TV e on line, si possono fare i soldi per alimentare un’attività di questo livello che presuppone roster adeguato, trasferte anche lunghe, una struttura societaria solida, insomma per fare la Serie A-1 bene ci vogliono tantissimi soldi. I quali non possono essere legati alle paturnie dello sponsor di turno, ma devono avere una fonte chiamiamola così, strutturale. Secondo me è chiaro che l’unica via per dare una sterzata nella direzione giusta sarebbe quella di imporre limiti molto alti per gli impianti di gioco, ma soprattutto, per una volta tanto, non fare gli italiani dando deroghe a destra e a manca, perché se no la gente scende in strada. Le regole sono queste e te le do in ampio anticipo (due stagioni?). Se entro il generoso lasso di tempo che ti ho concesso non adempi ai requisiti richiesti arrivederci. Al posto tuo entra la prima avente diritto dalla A-2, e se ci sono più realtà inadempienti, anche la terza, la quarta e via dicendo. In capo a pochi anni ci penserebbe la selezione naturale a far approdare in A-1 le squadre che, per bacino di utenza, la possono affrontare decentemente. Tutto qua. Non mi sembra difficile. Se non fosse che siamo in Italia.

Dopo qualche giorno posso anche parlare degli Europei femminili, visto che pian piano mi sta sbollendo la rabbia per la straordinaria occasione che ha avuto la Slovenia, per la prima volta agli Europei, squadra fatta in casa per la quale facevo un tifo sfegatato che ha avuto una sfiga pazzesca. Capitata nel girone di ferro con la squadra campione d’Europa in carica e con due successive semifinaliste ha perso all’ultimo tiro contro la Francia, ha battuto la Grecia e ha indovinato all’ultima partita l’unica partita che la Serbia abbia giocato in pieno dopo che nelle prime due partite aveva fatto evidente sciopero contro il coach (a proposito, perché non c’è più la bravissima Marina?) dovendo fare anche a meno sotto canestro per infortunio di una giocatrice decisiva per arginare lo strapotere fisico avversario, e cioè Sandra Piršič, col risultato di finire fuori per differenza canestri. E poi vedere che la Lettonia, distrutta nelle qualificazioni a formazioni identiche (ho commentato entrambe le partite), è arrivata tanto lontano non fa che aumentare la rabbia. Peccato veramente, perché il movimento è sano. Si lavora bene, la squadra è forte e veramente non meritava una sorte del genere. Ha vinto la squadra nettamente più forte e come commento penso basti, perché veramente da questo punto di vista non c’è veramente nulla da dire. Più in generale dico subito che attualmente guardo con molto maggior interesse il basket femminile che non quello maschile, tanto che posso guardare senza problemi anche una partita tutta intera. La ragione è molto semplice: le ragazze, per quanto fisico abbiano, sono ovviamente molto indietro rispetto ai maschi, per cui per vincere devono semplicemente giocare a basket e non demandare tutto allo strapotere fisico, al mio famoso salto in alto con palla. E io quando guardo basket, voglio vedere basket e non atletica leggera. Che guardo comunque con molto interesse, ma quando è appunto atletica pura, non contaminata da aggeggi vari che gli atleti devono maneggiare. E penso che lo guarderò con sempre maggior interesse, visto che ci sono sempre più ragazze che hanno anche il fisico giusto, il che permette loro di giocare a basket nel modo giusto, anche con qualche hesitation, con un tiro in sospensione fatto con pulizia tecnica, magari con qualche tiro in allontanamento. Penso alla Zandalasini, giocatrice del futuro che non immaginavo fosse un tale fenomeno, visto che nella finale scudetto non l’avevo notata (perché non giocava 40 minuti secondo una mia massima che dice che alcuni giocatori possono uscire dal campo solo per tre possibilità, cinque falli, infarto o rottura gamba?). Purtroppo l’Italia oltre a lei non era granché, soprattutto sotto canestro, e l’infortunio di Macchi, che comunque, per quanto bravissima non è eterna, non ha certamente aiutato. La semifinalina per il quinto posto non l’ho vista (ero a Castelfranco dall’amico Walter – a proposito non so come ringraziare lui e Antonella per la squisita accoglienza), per cui il famoso intenzionale che ha deciso la partita non l’ho visto. Del resto sul fallo intenzionale, o antisportivo che dir si voglia, c’è una tale nebbia regolamentare che si dovrebbe ripensarlo tutto da capo. Fermo restando che il fallo tattico a metà campo rimane odioso e che secondo me andrebbe sanzionato comunque (perché non due tiri semplici senza poi rimessa laterale?), perché non copiare i pragmatici americani, che in queste cose ci sanno fare, dando l’antisportivo solo per i falli che ledono l’incolumità avversaria, cioè fischiarlo semplicemente quando il subente avrebbe potuto farsi male? E’ un’idea come un’altra, ma intanto bisognerebbe averne una.