Come state? Quanto tempo non ci sentiamo? Molto. Mi scuso. La settimana scorsa ero impegnato con le telecronache degli Europei di nuoto (quante volte ho detto che la testa è fondamentale? Meditate sul caso Pellegrini), per cui mi sono perso tutta una serie di partite di basket con la serie finale in Grecia in primis (ahimè, non ho visto proprio niente, perché erano a orari in cui ero in cabina di commento), con i playoff spagnoli in secundis, con l'NBA in tertiis e ad cetera, per continuare a fare il figo, con i playoff italiani. Mi sono rifatto un tantino in questi ultimi giorni, ma sono sicuramente ancora molte miglia dietro a voi che mi leggete e commentate, per cui lascio parlare a voi e semmai dirò qualcosa alla fine delle danze, sempre però tenendo conto del fatto che siete molto più informati di me, per cui qualunque cosa dicessi potrebbe anche essere una solenne baggianata. Fra l'altro in questi giorni mi sono anch'io lasciato un tantino contagiare dalla mania hockeyistica che ha pervaso la Slovenia col maxischermo in piazza a Hrušica (paesotto della Carniola superiore vicino a Jesenice) che a notte fonda segue le gesta del suo enfant du pays Anže Kopitar, impegnato con i Los Angeles Kings nelle finali NHL, per cui la mia attenzione nei riguardi del basket non è che sia proprio massima.

Lasciando dunque stare per ora il basket vorrei comunque dire qualcosa su quanto sta succedendo nel modo del calcio con l'ultimo (per ora) scandalo delle scommesse. Una riflessione insomma su quanto sta succedendo tentando disperatamente di sfuggire a qualsiasi tipo di retorica ed ipocrisia. Per cui chiunque sia in sintonia con la melassa "mainstream" che ci stanno ammannendo i vari media di tutti tipi (chissà come sono tutti unanimi...) si fermi qui e non legga avanti, perché quanto voglio dire è politicamente di una scorrettezza blasfema. Un po' maliziosamente annuncio pure che sono sì iscritto all'albo dei giornalisti della Slovenia, ma in Italia non sono nessuno, per cui nessun ordine può farmi niente, visto che non vi sono iscritto e dunque non faccio parte di alcun tipo di casta. E dunque posso dire e scrivere quello che voglio e che soprattutto sento. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")

Ieri ho letto l'intervista di Gigi Buffon sulla Gazzetta. Con mia somma meraviglia, visto fra l'altro che le mie idee politiche e sociali sono esattamente all'opposto di quelle che il nostro portierone ha sempre professato, ho constatato di essere d'accordo con lui dalla prima all'ultima parola che ha detto. Ed infatti mi sono subito detto: " 'sto qua finisce male". Ed infatti, annotato con nessun tipo di sorpresa il duro attacco che gli è stato portato da tutto lo staff della rosea (che però, mi scuseranno gli illustri opinionisti, non hanno contestato punto per punto neanche una delle cose che ha detto, limitandosi ad un attacco a 360 gradi costruito su frasi fatte e, per me, vuote), oggi è venuta la ovvia conseguenza dell'uscita della storia del famoso milione e mezzo di euro finito, pare, in scommesse, o comunque finito nelle mani di un tenutario di un centro scommesse. Matematico. Quando qualcuno la fa grossa salta chissà come fuori un dossier tenuto in naftalina per tutto il tempo necessario e pronto ad essere sfoderato al momento giusto. Come il poveraccio che aveva osato criticare Berlusconi da direttore di una rivista cattolica e subito defenestrato a suon di scandalo pronto nel cassetto, o come il povero (ebbene sì) Fini che, appena si era smarcato dal suddetto era stato subito attaccato per la famosa casa di Montecarlo, storia che poi è finita nel nulla (Lavitola? - e lui cosa fa adesso?). Insomma la famosa "macchina del fango" tanto magistralmente spiegata da Saviano in "Vieni via con me" che però tutto avrei pensato meno che fosse usata anche nel mondo del calcio (non dico sportivo apposta).

E se anche nel calcio viene usata questo tipo di bomba atomica, allora vuol dire che le cose sono molto serie, per cui la prima cosa da fare è tentare di capire cosa abbia detto di tanto grave Buffon perché nei suoi confronti venisse impiegata l'arma totale. Secondo me il suo peccato mortale è stato il ribadire che c'è una grossa differenza fra il giudicare il normale (apposta senza virgolette) biscotto che confezionano le squadre quando i loro interessi convergono verso un tipo di risultato dall'intrusione della malavita nel condizionare partite altrimenti "normali" con ciò veramente alterando risultati che altrimenti potrebbero essere ben diversi. Il punto è tutto qui: quando una competizione si disputa con la formula del girone all'italiana la possibilità di risultati scontati diventa enorme più la competizione va verso la fine, quando cioè di fronte a squadre con vivi interessi di classifica ci sono squadre con la testa già rivolta alle vacanze o quando, come detto, ci sono risultati che possono andar bene ad entrambi. In campo sportivo questo tipo di risultati combinati è sterminato. Alcuni dei casi più clamorosi che vengono in mente sono il famoso 1 a 0 della Germania sull'Austria in Spagna '82 (gol di Hrubesch dopo pochi minuti e poi melina sconfinata fino alla fine) che eliminò i poveri algerini qualificando la Germania che poi arrivò fino alla finale, oppure ancora il dolorosissimo quanto scontato 2 a 2 fra Svezia e Danimarca che costò all'Italia di Trapattoni l'eliminazione nell'Europeo del 2004. Poi se ci fate caso quest'anno nel campionato inglese (nazione che da lezioni di sportività a tutto il mondo) il QPR sta vincendo contro il Manchester City al 90-esimo, riceve la notizia che lo Stoke City (mi sembra) ha perso, per cui il QPR è salvo e chissà come il City segna due gol nel recupero vincendo il titolo. Maurizio Crosetti, giornalista che peraltro stimo moltissimo, quest'oggi sulla Repubblica fa una clamorosa arrampicata sugli specchi dicendo che comunque sportività vuole che tutte le squadre giochino per vincere, dunque dire che questo tipo di partite viene accomodato è peccato. Ma fatemi il piacere! Se un risultato va bene a tutti sarebbe da idioti autolesionisti giocare a fare in modo che non si verifichi. Fra l'altro in questo caso non credo che ci debbano indire riunioni carbonare fra dirigenti e giocatori per mettersi d'accordo: basta scendere in campo, prendere nei primi minuti un dato atteggiamento e le cose poi vanno come devono andare. Le cose sono sempre andate così e sempre andranno, perché sarebbe stupido altrimenti. Ed è proprio per questa ragione che gli americani, che se ne intendono, odiano il round robin, demandando tutte le decisioni ai playoff dove chi vince va avanti e chi perde resta fuori e facendo anche in modo che la regular season abbia un senso nello stabilire le griglie dell'eliminazione diretta tentando anche di coinvolgere nella lotta il maggior numero di squadre possibile, pur sapendo anche loro che la maggior parte delle partite di fine stagione regolare sono comunque falsate. Però poi ci sono i playoff che mettono tutto a posto.

E' solo ovvio che il discorso è totalmente diverso se interviene la malavita a combinare le partite facendo girare soldi normalmente sporchi da riciclare. Adesso sì che crolla il palco, primo perché è ovviamente reato, su questo non di discute e per queste cose bisogna lasciare fare la magistratura che di reati se ne intende, e poi, dal punto di vista strettamente utilitaristico ed anche cinico, perché in questo modo c'è una decisiva turbatura nel fisiologico giro delle scommesse delle persone normali che si fidano dei valori tecnici delle squadre che si affrontano senza sapere che dietro ci sono accordi truffaldini. E dunque il reato principale è quello di turlupinare milioni di scommettitori onesti oltre all'ovvio fatto di alterare i valori sportivi determinati dalla classifica. Fra l'altro, tornando al discorso di prima, come mai normalmente le case di scommesse non accettano puntate di alcun tipo sulle partite dove un particolare risultato va bene a tutti? Sono anche loro tutte corrotte? No, semplicemente ragionano come ognuno di noi.

Ed allora dov'è lo scandalo se uno queste cose le dice? Onestamente non lo so e posso solo provare a capire. Penso che la ragione principale sia l'ovvio fatto che il calcio muove una montagna di soldi e che dunque debba mantenere un'aura di santa credibilità per poter continuare a farlo. Qui entra in ballo probabilmente la nostra mentalità derivata dal nostro substrato culturale di tipo cattolico, per cui bisogna sempre essere nel mondo dello sport adamantinamente puliti, pena la perdita di ogni capacità di attrarre interesse. La cosa fra l'altro mi affascina proprio perché il calcio in questo modo diventa lo specchio più perfetto della doppia moralità che è da sempre un dato caratteristico del popolo italiano. Al di fuori tutto deve essere onestissimo, pulitissimo, però poi in realtà "nisciun è fesso" e tutti, ma proprio tutti, deve essere un dato genetico, sanno come fare per arrangiarsi e fare i furbi. Il che, detto per inciso, è la somma maledizione che sempre affliggerà l'Italia. Paese dove non è riuscita ancora a farsi strada l'idea che dove tutti sono furbi in realtà nessuno lo è, e la sincerità, la mancanza di ipocrisia e l'onestà sono da sempre la massima espressione di furbizia. Solo che purtroppo paga a lunghissimo termine, orizzonte temporale normalmente sconosciuto all'italiano medio. Sempre per tornare in America, Paese di ben altre tradizioni, tutti sanno perfettamente che il wrestling è una grandissima recita, ma ciò nondimeno la gente affolla ugualmente le sue arene proprio perché sa cosa può attendersi che succeda e ci va come a teatro, avendo in più anche la soddisfazione di poter partecipare nel ruolo di una specie di coro greco di supporto. In Italia no: se qualcuno cade su qualche telecronaca di wrestling si renderà subito conto del taglio che danno i telecronisti al loro commento: mai, ma proprio mai, dicono che si tratta di una recita, e fanno sempre finta che sia tutto vero. Addirittura facendo finta di entusiasmarsi per le stupidaggini più colossali che vengono perpetrate con sganassoni più finti di quelli di Bud Spencer al cinema.

Nel calcio evidentemente vige lo stesso tipo di approccio: per quanto tutti sappiano che moltissime partite sono finte, nessuno può osare dirlo, e del resto il pubblico stesso non vuole che glielo si dica, probabilmente perché in questo modo pensa di essere più furbo (appunto) del giornalista ed ha l'intima soddisfazione di credere di sapere qualcosa che nessuno sa. Una specie di circolo vizioso di una ovvia commedia dell'arte o gioco delle parti se volete, che deve rimanere intatta per tenere in piedi tutta la costruzione. Per cui bisogna ogni tanto, sempre per finta, fare in modo di dare l'idea di essere ferrei nelle inchieste e nelle punizioni del marcio prendendo di mira normalmente il più forte affinché si faccia da parte e lasci arrivare alla loro fetta di torta anche gli altri, agendo nel più perfetto dei motti italiani, quello di far finta di cambiare tutto perché non cambi niente. Qui però il discorso si farebbe molto lungo. E spiegherebbe anche perché continui a ritenere che gli scudetti della Juve siano 30.