Questo sito utilizza cookie tecnici, anche di terze parti. Per ulteriore informazioni sull'utilizzo dei cookie e su come disabilitarli, clicca qui. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando su qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.

I due talenti

"Nel caso di un artista la predisposizione, il famoso talento, cos'altro è se non una particolare configurazione dei neuroni che fa sì che il suo cervello abbia un'inclinazione maggiore rispetto al resto dell'umanità verso una specifica attività? Ed il cervello dove sta? In pancia? Ed è sempre il cervello che fa sì che questa predisposizione possa o meno venir sviluppata nella sua pienezza e che uno diventi un campione nel suo campo. Nello sport vale lo stesso con la differenza che qui il lato voglia, abnegazione, caparbietà, capacità di imparare dai propri errori, umiltà di sapere che non si finisce mai di imparare, insomma tutte queste doti caratteriali che sono lo spartiacque fra il mediocre ed il campione, sono ancora più importanti perché il gesto tecnico lo si può imparare con un'infinità di ripetizioni (che però devono essere fatte!), per cui avere il gesto tecnico già nel sangue è sì di aiuto, ma non certamente fondamentale."

La citazione che avete letto è semplicemente un copia ed incolla del mio precedente post. E quando si continuerà a dire che la testa non è tutto per quanto si riferisce al talento continuerò a proporlo come un mantra fino allo sfinimento o mio o vostro. Pensavo di essere stato chiaro, ma evidentemente non è stato così. Per cui quando continuo a leggere che sì, la testa è importante, ma che bisogna comunque avere predisposizione, "talento" secondo un termine abusato, onnicomprensivo e molto vago, ma ci tornerò su fra pochissimo, non posso che ribadire che la coordinazione, e nello specifico la predisposizione a fare anche spontaneamente movimenti che per altre persone meno dotate richiedono anni di duro studio, è per definizione una cosa che deriva direttamente da come sono strutturati i nostri neuroni, che risiedono nel cervello, il quale cervello sta nella testa. Appunto. Come volevasi dimostrare.

Come continuo a ritenere, e, ormai mi conoscete, non c'è persona al mondo che possa convincermi del contrario, in quanto trattasi di convinzione tauceriana, che la seconda parte della citazione di cui sopra sia ancora, e di molto, più importante rispetto alla prima. Una predisposizione che non viene sviluppata dal lato cosciente del nostro cervello è una cosa sterile che non produrrà mai nulla, come, lasciatemi un po' di poesia, un seme di sequoia, se lasciato seccare, rimarrà per sempre simile, tanto da essere quasi indistinguibile, a un seme di ortica, vanificando tutto il potenziale spaventoso che aveva all'inizio di diventare una delle piante più maestose che ci siano. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto") 

A questo punto ritorno sulla definizione di talento. Siamo sempre alle solite: qui bene distinguit bene docet, proverbio latino che racchiude una delle verità più profonde che si possano riferire a qualsiasi attività intellettuale. Per cui bisogna capire bene cosa si intenda per talento. La mia definizione potrebbe essere formulata più o meno in questo modo: talento è la predisposizione naturale ad ottenere in un determinato campo il massimo successo possibile rispetto a tutti gli altri campi nei quali la nostra personalità può esprimersi. Cioè talento per la musica vuol dire che una determinata persona ha la massima possibilità di esprimersi ad alti livelli nella musica rispetto a quelle che potrebbe avere se volesse esprimersi nella pittura, nella letteratura o in qualsiasi altra arte. Se si passa allo sport, ci sono dunque due talenti fondamentali che bisogna distinguere molto bene e che bisogna sempre avere in mente se si vuol fare un discorso che non sia fra sordi. Uno è il talento generale per l'attività fisica in generale e per lo sport in particolare, un altro, totalmente diverso, è il talento per una determinata attività sportiva rispetto a tutte le altre. Dunque dire "talento per lo sport" o "talento per il basket"sono due cose profondamente diverse, essendo la seconda definizione, direbbero i matematici, un sottoinsieme dell'insieme "talento per lo sport". Nel senso che uno che ha talento per lo sport può o non può avere talento per il basket , mentre non vale il contrario, nel senso che è praticamente impossibile che chi ha talento per il basket possa averlo senza avere il talento per lo sport.

Sono implacabile e continuo a torturarvi i marroni (visto che siete solo maschi e la cosa un tantino, devo dire, mi disturba, che cioè finora non si sia fatta viva neanche una femminuccia): "talento per lo sport" è definizione un po' dubbia e forse non pertinente, in quanto talento, inteso come predisposizione che viene dalla testa, applicato allo sport presuppone ovviamente anche le capacità fisiche, nella fattispecie la struttura osteo-muscolare (fibre veloci, massa grassa eccetera), nel caso del basket e della grande maggioranza degli sport intesi in senso moderno anche la semplice statura. Queste doti fisiche sono comunque, non capitemi male, e subito spiegherò perché, secondarie rispetto al mio discorso generale. Nel senso che in ultima analisi decidono "solamente" su chi sarà un campione rispetto ad uno sportivo medio. Per cui, per esempio, quando selezioniamo i futuri prospetti queste doti fisiche devono essere messe in ultimo piano rispetto a tutte le altre considerazioni che riguardano le doti mentali, dalla predisposizione allo sport in questione alla voglia di soffrire, imparare e migliorarsi continuamente. Poi, ma solo alla fine dell'intero ciclo di istruzione o, visto dall'altra parte, apprendimento si possono tirare le somme e far continuare verso i rispettivi livelli di competenza (che possono essere da una buona Serie C fino all'NBA) gli sportivi così allevati che adesso sì, ma ripeto fino allo sfinimento, solo adesso potranno essere classificati secondo le loro doti fisiche. Mentre, ed anche i vostri commenti me lo confermano, nella fase di riconoscimento di un talento si agisce alla rovescia, guardando per prima cosa alle doti fisiche, cosa tanto più deleteria a livello addirittura prepuberale quando le doti fisiche contingenti sono normalmente del tutto slegate a quelle che si svilupperanno dopo l'adolescenza. Mentre invece la testa c'è sempre: già da piccolo il futuro campione è tale per come si propone, per le sue qualità di leader o di vincente, per il modo di ragionare, per la serietà e la maturità che palesa. E invece di lavorare su questi (che, detto di sfuggita, potrebbero un giorno diventare straordinari coach, o arbitri, o, perché no, funzionari o politici sportivi di enorme valore) si lavora su bambini che corrono e saltano più di altri o che maneggiano benissimo la palla (Attenzione! Quelli che sono coordinatissimi da piccoli di solito crescono al massimo fino a un metro e 25) senza neanche prendere in considerazione che queste capacità possono essere semplicemente frutto di un ambiente diverso nel quale crescono, perché è solo ovvio che chi vive all'aria aperta ha doti motorie diverse e più sviluppate rispetto a chi vive sempre in città e viene portato a scuola dai genitori, per cui non sa neanche andare in bici.

Penso di aver dunque chiarito che senza talento per lo sport, doti fisiche comprese, non ci può essere talento per uno sport specifico. Onestamente pensavo, come sempre faccio sbagliando, che fosse una cosa sottintesa, ma evidentemente non lo era, per cui ora l'ho messa per iscritto in lungo e largo. Per limitarmi al basket penso che avere talento (ripeto, fermo restando il talento per lo sport) specifico significhi semplicemente avere le capacità di capire in cosa consista questo sport, quali siano le cose importanti e quali quelle secondarie o superflue, di percepire sempre, per istinto, o per talento, se volete, quali siano le scelte giuste da fare in ogni situazione. Per me il talento per il basket nella sua accezione più pura e cristallina è tutta qua. Mi vengono in mente due giocatori emblematici che secondo spiegano bene quanto voglio dire: da una parte c'è Dražen Petrović che uno proprio non riesce ad immaginare potesse praticare qualsiasi altro sport (visti anche i problemi congeniti che aveva alle anche), ma che nel basket raggiunse livelli sommi (dunque secondo la mia definizione talento insuperabile per il basket - a proposito, com'era Dražen fuori dal campo? Era la persona più tranquilla, educata e schiva mai conosciuta, esattamente il contrario dello spaccone e vanaglorioso fratello), dall'altra c'è Andrea Bargnani, probabilmente il talento sportivo più incredibile mai nato sul suolo italiano che uno si immagina subito potenzialmente come il più forte giocatore di tutti i tempi al mondo di pallavolo, ma che almeno a mio parere di talento per il basket proprio non ne ha - tutto quello che riesce a fare, ed è moltissimo proprio per queste sue incredibile doti sportive, lo ha imparato e le sue reazioni alle singole situazioni in partita sono assolutamente stereotipe, senza alcuna scintilla di genio.

Posso andare avanti: Marko Milič. Talento sportivo immenso e infatti sono convinto che con lui la Slovenia abbia perso l'occasione di avere per lunghi anni il dominatore mondiale del decathlon (uno che correva e saltava come lui e che contemporaneamente aveva la forza fisica di un toro dove lo trovate?), talento cestistico molto dubbio (lo ammiro moltissimo come persona soprattutto da quando ha cominciato ad imparare a giocare dopo vecchio, per cui voglio essere buono e diplomatico). Oppure Mason Rocca. Talento sportivo pressochè nullo, ma ciò nondimeno talento cestistico immenso. Nel senso che se una specie di antiatleta come lui riesce a vivere bene giocando a basket e riuscendo a volte ad essere decisivo in una compagnia dove il più scarso salta mezzo metro più di lui, allora deve essere per forza un genio.

Questo è dunque lo schema secondo cui ragiono io. Può essere giusto o sbagliato, nessuno lo può sapere, però è quello mio ed è anche quello che in tutta la mia ormai lunga vita cestistica mi ha dato i riscontri migliori e infatti non per niente si è sviluppato nella sua completezza in un lunghissimo arco di anni a suon di cambiamenti e aggiustamenti in corsa ogniqualvolta i fatti davano torto alla mia precedente teoria. Quando i fatti a posteriori (anche "molto" a posteriori) hanno cominciato a darmi ragione (con le dovute eccezioni, è chiaro, sia per sopravvenuti nuovi eventi oggettivi, sia per una semplice sbagliata valutazione personale) allora la mia teoria si è sedimentata ed è quella che ancora mi guida. La quale teoria per inciso rifuta categoricamente che possa esserci talento per il basket quando uno in campo fa la scelta sbagliata. La percentuale di scelte sbagliate sulle scelte possibili è strettamente inversamente proporzionale al talento cestistico. Il talento sommo semplicemente non fa per definizione cose sbagliate in senso concettuale. Potrà fare errori materiali (passaggi troppo alti o bassi, palleggiarsi su un piede durante un cambio di mano, sbagliare un tiro da sotto), ma non farà mai errori concettuali, nel senso che la scelta fatta in quella situazione era comunque se non la migliore possibile, la meno peggio. Per cui se uno mi dice che la scelta sbagliata è di secondaria importanza rispetto ad un quadro generale, gli ribadisco immediatamente a pie' fermo: no, amico mio, il talento per il basket è esattamente tutto qua.

A proposito di talenti. Perché quello che è di gran lunga il maggior talento per il basket (leggere sopra) delle nuove leve azzurre e che risponde al nome di Nicolò Melli, gioca così poco e soprattutto perché tutti si meravigliano quando gioca che giochi bene? Mercoledì ha giocato per manifesta inferiorità di tutti i compagni in quella che è stata la più brutta partita mai giocata nell'evo moderno del basket. Ecco, a me piacerebbe vedere che finalmente, visto che gli altri sono casi ormai clinici e forse irrecuperabili, qualcuno decidesse che forse sarebbe tempo che la squadra fosse fatta attorno a lui ed a Gentile, anche se quest'ultimo sarebbe molto meglio se si chiamasse Rossi o Bianchi, in quanto in questo caso potrebbe essere preso a calci nel sedere quando se lo merita perché impari (praticamente ad un'azione sì ed all'altra pure) senza paura di inimicarsi il papà, e a proposito, non sarebbe meglio che anche Gallinari si chiamasse magari Brambilla?. La butto lì a mo' di meditazione e discussione.

Poi uno vede Cantù e si riconcilia con il basket. Domanda: perché i tiri che entravano a Cantù non entravano a Milano? Eppure erano esattamente gli stessi tiri, anzi in media Milano tirava tiri ancora più indisturbati rispetto ai canturini. Altro argomento messo in discussione: che abbia a che fare con la famosissima testa di cui sopra? Per me sì, definitivamente. Per questo il basket è affascinante: cosa darebbe uno per riuscire ad entrare nella testa dei giocatori di Milano e di converso in quella dei giocatori di Cantù? Roba da enciclopedia della psicologia applicata. Quale altro sport di squadra offre situazioni simili? Nessuno. Lo dico con certezza perchè il basket è l'unico sport dove il bersaglio è piccolo ed appeso in alto ed è quello che decide chi vince o chi perde per quanto uno giochi meglio dell'altro. E per centrarlo o meno lo stato psicologico di chi ci prova è fondamentale. Diro di più: l'unico sport che rozzamente possa paragonarsi al basket in questo aspetto è il calcio. Come lo spiegate altrimenti che Milito sbaglia per mezzo campionato a porta vuota e che di colpo, una volta segnato il primo gol, poi ogni volta che tocca palla segna?