La cosa che più mi ha divertito leggendo i commenti sul post precedente è stato il "duro" commento di Davide. Perché di gente che si sia data tante volte la zappa sui piedi sostenendo tesi che dovrebbero essere opposte alle mie raramente ne ho vista né letta. Il tiro da tre vale più del tiro da due? Esatto, per questo tutti lo usano sempre più spesso ed a sproposito. Chi è più alto prende più rimbalzi? Esatto, per questo sotto canestro bisogna mettere gente più alta e sarebbe sempre buono se i lunghi andassero a rimbalzo invece di fare i fenomeni a metà campo. Se si segna si vince, se no si perde a prescindere? Esatto, e la cosa buffa è che dopo averci girato intorno il buon commentatore dice esattamente la stessa medesima cosa, che è infatti dal mio punto di vista una straordinaria banalità come quelle summenzionate, e chi mi segue sa perfettamente che il mio disgusto deriva dal fatto che la gente non riesce proprio a mettersi in testa una verità lapalissiana, assiomatica, come questa. "Una buona difesa si può sempre fare, mentre l'attacco è aleatorio, a volte entra, a volte no". Ma porca miseria, è esattamente quello che sostengo io, solo vedendo la stessa medesima cosa dall'altra parte. Io dico semplicemente che quando non vuole entrare non c'è difesa che rimedi, tutto qua. Sembra un sofisma, ma per me il punto di vista è cruciale per mettersi nell'ottica giusta, sana direi. Dirò di più, sconvolgendo molti: non è che una buona difesa si può sempre fare, "bisogna" sempre farla. Su questo non ci sono dubbi. Giorni fa leggevo un'intervista di Božo Maljković in cui riandava alla famosa finale di Coppa Campioni del '93 fra Limoges e Benetton ricordando come quella partita secondo molti avesse sancito la morte del basket, cosa che fuori dai denti disse anche Pero Skansi in conferenza stampa. Maljković gli rispose semplicemente: "io questa partita volevo vincerla ed avendo giocatori scarsi in attacco, o mettevo in piedi una difesa tremenda giocando ogni palla al limite dell'esaurimento psicofisico facendo andare fuori di testa gli avversari, o perdevo. Ci ho provato e mi è andata bene. Però dico all'amico Pero: se mi dà Kukoč in cambio di un qualsiasi mio giocatore a scelta vedrà che anche noi in questo caso sapremmo giocare a basket". Esattamente il punto di vista che io propugno: parto dalle capacità del mio attacco e mi regolo di conseguenza. Ripeto: sembra la ricerca del pelo nell'uovo, ma per me fa una differenza enorme. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto"). 

 

Per rimanere in tema per esempio, per fare molta più chiarezza, si dovrebbero scindere le statistiche del tiro in due comparti: percentuale di tiri aperti segnati e percentuale di tiri forzati, o comunque disturbati dalla difesa, segnati. Una semplice divisione del genere farebbe subito piazza pulita di tanti luoghi comuni per cui quando una squadra segna poco è perché gli avversari hanno difeso bene. Tornando alla finale del college: l'ho vista e potete credermi: Butler ha sbagliato una quantità abominevole di tiri in perfetta solitudine, fra di essi addirittura un layup incontestato in momenti importanti nei quali poteva ancora recuperare. In giornate del genere vincere diventa impossibile, c.v.d. Da questa statistica si potrebbe veramente capire quanto merito ci sia stato nella difesa avversaria e quanto demerito nell'attacco nostro. Va da sé che più tiri aperti si sono fatti, meglio si è giocato, e viceversa. Forse qualcuno anche fa robe del genere, io però nelle categorie inferiori che bazzico non l'ho mai visto fare. Eppure non dovrebbe essere particolarmente difficile. Come, altro esempio, sarebbe opportuno dividere la categoria delle palle perse (e recuperate) in tre sottocategorie: palle perse "vere", cioè palle buttate nel water senza senso, palle perse "virtuose", cioè palle che se fossero arrivate sarebbero state assist o comunque ci avrebbero creato una situazione di vantaggio (è sostanzialmente differente buttare in out un passaggio lungo che, se arrivato, avrebbe lasciato il nostro giocatore in un angolo morto oppure un passaggio che in caso favorevole avrebbe lanciato il compagno verso il canestro) ed infine nelle palle perse per infrazione (passi, accompagnata, tre secondi, pestaggio riga, 24 secondi eccetera). Quest'ultimo caso è il più delicato perché molte infrazioni possono essere causate da una buona difesa avversaria che non si riesce quasi mai a distinguere da una puttanata nostra. Se la difesa avversaria raddoppia un nostro sciagurato che si è fermato nell'"angolo della bara", come dicono gli americani, cioè appena oltre metà campo spostato sul lato, ed il nostro imbecille fa passi, di chi è la colpa e di chi il merito? Secondo la mentalità "sana", secondo la mia concezione espressa fino allo sfinimento, la colpa è tutta e sola dell'attaccante che lì proprio non doveva cacciarsi, mentre a volte leggo e soprattutto sento che il merito è tutto della difesa che ha costretto l'avversario all'errore. Il mio piffero! La difesa ha semplicemente raccolto, come doveva, quello che un avversario imbecille le ha messo su un piatto d'argento. Ecco, tornando al sofisma di prima: questo tipo di vedere le cose ha un impatto sostanziale su come si possono vedere le cose che succedono in campo, cioè detto in soldoni con sconfinata semplificazione (tutte le vostre contestazioni le prendo per buone in anticipo, perché so benissimo da solo che per capire bene le cose bisogna bene distinguerle, come dicevano i latini, ma è per rendere chiara l'idea) sarà sempre l'attacco il punto di partenza di tutto il gioco, perché sarà sempre l'attacco che deciderà i ritmi che vorremo dare al gioco, sarà sempre l'attacco che deciderà che tipo di difesa faremo (parlo sia di quello nostro che di quello degli avversari: tutti sanno che se gli avversari non segnano è buona idea mettersi in zona), le scelte tattiche dipenderanno da come riusciamo ad attaccare eccetera. Quello che voglio dire è che la cosa più stupida che si possa fare nel basket è dire: "adesso mettiamo in piedi una difesa ferrea e l'attacco verrà da solo". No, il ragionamento giusto è quello detto prima: visto che il nostro attacco fa schifo, allora bisogna per forza mettere in piedi una difesa ferrea, perché se no siamo mal messi. Proprio per finire (definitivamente): essendo il nostro meraviglioso gioco un gioco che si gioca con le mani, contrariamente al calcio nel quale, come diceva Brera, il risultato perfetto è lo 0 a 0, attacco perfetto opposto a difesa perfetta vince sempre l'attacco. Da questo bisogna partire, sempre, e non scordarselo mai.

Mi ha molto rallegrato leggere i riferimenti alle famose definizioni di Aldo Giordani. Lui proprio il basket jugoslavo non poteva sopportarlo, forse perché vinceva sempre semplicemente facendo sempre canestro, cosa che a lui evidentemente non andava a genio (lasciamo stare eventuali convinzioni politiche, che pure un loro peso l'avevano, anche se in vita mia raramente ho incontrato galantuomini più nobili di Aldo Giordani), per cui doveva sempre trovare scuse, nel senso della lobby FIBA eccetera. Mi ricorderò sempre di una volta a Spalato dopo aver pranzato quando prese un foglio di carta e mi spiegò l'"eresia" del basket jugoslavo. Peccato non avere più quel foglio, maledizione! Fece il disegnino di come bisognava giocare all'americana e cioè penetrare sotto canestro e passare la palla al centro che intanto aveva tagliato sotto e poi disegnò con raccapriccio quello che facevano gli jugoslavi: "pensa, Tauciar -come mi chiamava e mi citava su Superbasket- loro penetrano sotto canestro e poi cosa fanno? Passano la palla fuori per uno che tira da lontano! Ma ti pare possibile giocare in questo modo?" Come passano i tempi... all'americana, eh?... E poi c'era la diatriba sulla "sparakkiazia" che, curiosamente, era accesissima anche nella Jugoslavia stessa, tanto che, come riporto nel libro, lo stesso Kićanović, tiratore non da poco, a fine carriera in un'intervista ad una rivista croata disse: "sono stato fortunato a smettere prima dell'introduzione del tiro da tre. Vi immaginate me e Mirza con questa regola? Ci avrebbero dato tre punti per ogni tiro che prendevamo normalmente. Chi si sarebbe smarronato per andare sotto canestro a prendere botte? Sarebbe stata la morte del basket". Sulle definizioni del Jordan dei vari sport mi sembra di poter apportare anche il mio mattoncino, ricordando il "divino flipper" per il calcio e la bellissima "lippa scientifica" per il baseball, mentre una definizione parallela per la pallavolo era: "palla avvelenata" che a questo punto non si riesce a decidere se era più maligna questa o la parallela "palla schiacciata" che comunque lasciava qualche aggancio metaforico forse più incisivo. Certo è che un'idea potrebbe essere, e dunque datevi da fare, tanto per divertirci tutti assieme, di continuare su questo solco ed a trovare nuove definizioni "jordaniane" dei vari sport. Se qualcuno ha una buona idea la esprima che ci facciamo un paio di risate.