Avevo detto che avrei scritto spesso durante le Olimpiadi. Il fatto è che però, malgrado la mia veneranda età e il fatto che in tema di Olimpiadi dovrei essere già stufo e disincantato per averne seguite tante, è sempre più forte di me. Guardo tutte le gare, per cui non trovo il tempo di sedermi davanti al computer per scrivere. Oggi non avevo telecronache, per cui mi metto al lavoro di sera a gare finite. Ebbene sì, ho seguito, anche per rendermi un idea di cosa mi attende, Svizzera-Canada di curling. Una volta superato lo choc iniziale dei commentatori di Sky che sparano in continuazione quelle che loro reputano battute, ma che in realtà più che ridere fanno venire una malinconia cosmica nonché il latte alle ginocchia, e una volta superato il fatto che più che commentare rispondono ai twit che ricevono vantandosi di averne ricevuti un numero record, purtuttavia ogni tanto hanno sprazzi di rinsavimento e commentano l'accaduto spiegando anche bene, direi, quanto succede. Per cui si può anche seguire. Fra l'altro la partita è stata molto combattuta col leader canadese che proprio all'ultima pietra (stone vuol dire pietra, o no?) ha avuto la grossa occasione di andare all'end supplementare, ma ha cannato clamorosamente l'ultima bocciata. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto").

A proposito di servizio Sky mi sembra di poter dire che fanno bene il loro lavoro, anche se continuo a non capire perché cavolo debbano essere non da soli, non in due, ma addirittura in tre. Mi ricorda di quando nel basket gli arbitri passarono da due a tre e il sottoscritto continuava a rispondere a chi gli chiedeva cosa ne pensasse che, visto che già in due gli arbitri facevano un terribile casino, immaginarsi cosa sarebbe successo quando ne sarebbe stato uno in più. Che poi avessi anche qualche ragione, visto a posteriori, penso che non si possa negare. Perché, di grazia, cercare disgrazie? Tanto più che i commentatori sono bravi e preparati (appartengono cioè alla categoria dei commentatori televisivi secondo le tre leggi) e potrebbero secondo me fare benissimo la telecronaca da soli, al massimo con accanto un solo esperto, ovviamente un ex atleta (poi magari diventato coach) che lui solo può a volte spiegare cose che succedono in gara e che nessun giornalista, per quanto bravo possa essere, può mai vedere. Questo anche per rimanere un po' in tema col mio post precedente: un giornalista bravo che vede le cose, conosce gli atleti e magari qualche retroscena, che comunica i dati spiegando la gara e vicino a lui un esperto che interviene in modo parco per spiegare cose che solo lui può vedere (e deve essere tanto bravo da capire quali siano queste cose, il segreto è tutto qui). E' desiderare troppo? A proposito, complimenti a Franz per aver spiegato in un intervento della lunghezza da Guerra e Pace esattamente quello che volevo dire io. Forse non sono stato chiaro se l'amico si è premurato di dire esattamente le stesse cose. Grazie. Forse ora la gente ci arriverà. Se non ci arriva dopo una spiegazione del genere, allora veramente non c'è speranza di poter essere un giorno non dico sulla stessa lunghezza d'onda, ma neanche nell'ambito dello stesso spettro di frequenze.

Passando alle Olimpiadi in sé devo dire che finora, guardando solo dal punto di vista sportivo (le robe politiche le lascio a voi, se ci tenete, io no – non è che non se ne debba parlare, anzi, ma ci sono tempi e modi, soprattutto nel senso che si sarebbe dovuto sollevare un polverone terribile quando le Olimpiadi furono assegnate a Soči, in quanto la Russia e Putin si conoscevano benissimo già allora – ora è tardi, e soprattutto capzioso, strumentale e in definitiva inutile e dannoso) sono state finora Olimpiadi entusiasmanti, niente da dire. Grande cerimonia inaugurale. Del resto, quando si tratta di mettere in piedi coreografie di massa, quando si tratta di mettere in campo provetti ginnasti, quando si tratta di ballare e cantare, allora i russi bisogna lasciarli stare. Con buona pace di tutto il resto del mondo loro sono in merito di un altro pianeta. Ascoltare le musiche dei grandi compositori russi (alzi la mano chi sapeva che "Starway To Paradise" era in effetti una melodia di Borodin) ballate dalle stelle di tutti i maggiori teatri di balletto al mondo, sentire cantare i cori del monastero di Sretenskij o Anna Netrebko è stato un balsamo per l'anima. E poi devo dire che mi sono venute le lacrime quando ho visto braccio a braccio i due ultimi tedofori, Irina Rodnina e Vladislav Tretjak. Le mie prime Olimpiadi invernali sono state quelle di Sapporo del '72 e i due, praticamente miei coetanei, erano allora vere e proprie leggende viventi che tutti ammiravamo sconfinatamente. Quando arriverete alla mia età capirete la struggente malinconia che mi è venuta rivedendoli, ricordando quanto tempo è passato e quanto erano belli quei tempi, quando avevamo 20 anni.

E poi le gare. Non ce n'è stata una scarsa o insignificante. I due skiathlon che ho commentato sono stati meravigliosi, indecisi fino alla fine, aiutati in ciò da una pista stupenda con un finale che neanche il Poggio di Sanremo: partenza in discesa e poi nel finale dapprima una lunga e stroncante salita, un breve piano e poi l'ultimo strappetto dove sono partiti la Kalla seguita dalla Bjoergen e il giorno dopo l'immenso Cologna che proprio negli ultimi 10 metri dello strappetto ha preso quella lunghezza di vantaggio su Hellner che l'ha fatto uscire dalla scia e che gli ha poi permesso di vincere. Di Bjoerndalen non parliamo neanche. Non ci sono parole. Come oggi era solo giusto che arrivasse il trionfo di Martin Fourcade. Una delle immagini di questi Giochi sarà sicuro il suo lungo gesto di trionfo prima ancora di cominciare l'ultimo giro. Presa per i fondelli degli avversari? Forse anche sì. Ma onestamente fossi stato io al suo posto avrei fatto lo stesso, per me, come gesto di liberazione. Chi ha solo gareggiato qualche volta anche in gare infime, non è il livello che conta per provare sensazioni comuni a tutti gli sportivi, sa benissimo che in questi casi gli avversari non esistono proprio e tutto quanto si fa lo si fa esclusivamente per se stessi.

Lo sci alpino l'ho un po' rimosso dopo aver praticamente rotto il televisore questa mattina quando Tina Maze ha buttato al vento una facile medaglia d'oro che l'anno scorso avrebbe vinto sciando su una gamba sola in slalom, disciplina che quest'anno sembra aver totalmente dimenticato e, non contenta, è riuscita addirittura a resuscitare la Mancuso buttando via anche il bronzo. Però non l'ho rimosso tanto da non levarmi il cappello davanti alla prova di Meyer e di Innerhofer su una pista bellissima e terribile. E infatti il carro armato sloveno di nome Rok Perko si è subito schiantato in una delle prime prove.

Ovviamente per noi il massimo è stato ieri sera con la splendida medaglia d'argento di Peter Prevc nei salti in una gara dove, visto l'incredibile stato di forma di Kamil Stoch, di più proprio non poteva fare. Mi dispiace che i salti, specialità fra le più nobili e storiche degli sport invernali, siano tanto misconosciuti in Italia, in quanto si tratta di una disciplina nella quale ci vogliono tutte le doti che un atleta deve possedere, forza, abilità, tecnica, ma soprattutto coraggio e mente fredda. Guarda caso, quando la posta in palio è altissima, escono i campioni, quelli che riescono a dare il meglio di sé nei momenti che contano. E Prevc è un campione che sembrava impossibile potesse nascere in Slovenia, Paese di gente complessata che, quando si trova di fronte al momento della verità, detto in breve, in generale se la fa addosso (grazie a Dio con qualche eccezione, tipo il martellista Kozmus). Lui è uno freddo, una macchina, ragazzo estremamente intelligente e equilibrato che mi ha affascinato già quando sentii la sua prima intervista quattro anni fa, quando aveva ancora 17 anni e arrivò settimo a Vancouver, e si espresse in modo lucido, maturo e riflessivo in un modo che ho avuto modo di sentire nuovamente solo quest'anno quando ho sentito parlare Matej Mohorič dopo la sua incredibile vittoria al Mondiale Under 23 di ciclismo solo un anno dopo aver sbancato fra gli junior. Grandioso Prevc oggi che nell'intervista dopo la consegna delle medaglie, alla mielosa domanda classica su cosa avesse provato attendendo la cerimonia, ha risposto, tradotto e semplificato rispetto alle belle frasi di circostanza: " Cosa ho provato? Una grande rottura di marroni perché ci hanno fatto attendere dietro le quinte per un'infinità di tempo". Per dire della pressione che sente e di come ragiona.

E poi ci sarebbero tante altre cose da dire, per esempio sulle due sventolone sorelle canadesi prima e seconda che piangono sul podio, o restando in tema di fratelli, anzi di gemelli in questo caso, del gemello olandese che alla fine dell'ultima batteria dei 500 metri di pattinaggio veloce guarda il tabellone, fa un paio di calcoli e poi, una volta capito che il gemello era primo e lui era arrivato inaspettatamente al bronzo, è esploso in una gioia indescrivibile. Ci sono i vecchietti che spopolano: entra ovviamente nella leggenda Zoeggeler, ma che dire del 42-enne Demčenko, che sì, avrà fatto costruire la pista secondo i suoi desideri, ma poi nel budello ha dovuto comunque buttarsi. E ancora: stasera ho visto addirittura la finale delle gobbe del freestyle ammirando l'incredibile prova di Alex Bilodeau, unico sciatore nella storia a vincere finora due titoli di fila, stavolta partendo tutt'altro che da favorito, ma poi alla fine distruggendo la concorrenza con una discesa che, anche io, laico assoluto, ho subito capito che era favolosa. Insomma già dopo due giorni abbiamo tutta una serie di immagini sportive che andranno nella storia. Speriamo che duri. Manca solo la Maze che torni a essere lei. Ma forse sarebbe troppo sperare in tanto. Sognare però non è peccato.