Prima di tutto la notizia più importante: la sconvenscion si terrà sabato 21 giugno. Sono sì in ferie, ma dovrò interromperle due volte, mercoledì 11 e quello dopo, il 18, perché ci siamo messi d'accordo con il mio capo Robi di trasmettere due partite casalinghe per le qualificazioni europee della nazionale slovena femminile di basket. Sul basket, e sullo sport femminile in generale, come anche provocato da Andrea, ci ritornerò. La data è cementata, perché se no mi salta il viaggio a Vienna che, o lo faccio la settimana dopo, o non lo faccio più. Chi ci sarà, ci sarà. Incredibilmente ho anche io i miei impegni. Del resto il mio procacciatore di osmice Andrej Vremec è già stato sguinzagliato per l'occasione e verso la metà della settimana prossima saprete anche dove dovrete venire. A proposito, su quanto dice Gabriele, sul fatto cioè di venire a Siena, o comunque di muovermi da Trieste e dintorni, avevo già detto che si poteva fare, ma, umanamente, spero mi capisca, preferisco che siate voi a venir qua primo per ovvie questioni di mie comodità, ma soprattutto per dare anche il mio minuscolo contributo alla promozione dei meravigliosi scorci della nostra microscopica provincia così che, magari, qualcuno sarà invogliato a ritornarvi. Direi che la gita fuori porta si potrebbe fare una tantum e poi basta, ma comunque, come detto, non più lontano di Bologna (cioè per me a tiro di andata e ritorno agevole in macchina in giornata).

 

Di basket so sempre meno e la cosa mi sconvolge. Ho già scritto che non mi piace più guardarlo in TV, ma non sapevo che fosse così grave. L' altro giorno, facendo la spesa in supermercato, ho incrociato un mio ex giocatore, al quale sono particolarmente legato non affettivamente, perché abbiamo caratteri opposti, ma in senso tecnico, perché è stato la mia più grande vittoria come istruttore, cioè come portare un totale antitalento a essere un buon giocatore di Promozione, tutto grazie alla cocciutaggine e al lavoro, oltre ovviamente a una grandissima passione per il basket. Ora fa il medico ed è stato a lungo fuori Trieste, per cui non lo vedevo da tempo. Dopo i consueti convenevoli mi ha detto a bruciapelo: “Sergio, mi fai onestamente pena. Come fai a seguire per professione uno sport ormai defunto che non esiste più, visto che ormai, più sei cretino, più successo hai?”. Mi è stato difficile dargli torto. E infatti per sapere come è finita la partita di ieri di Sassari mi sono dovuto informare dai media, visto che ho clamorosamente perso per dimenticanza il supplementare essendomi nel frattempo sintonizzato su un bel film su Sky tratto da un racconto di Isaac Asimov della saga dei robot che avevo letto tanto tempo fa (penso di aver letto quasi tutto Asimov), “L'uomo del bicentenario”. Per dire, c'è un supplementare e ti va fuori dalla testa e non cambi canale neanche un momento per vedere come è finita, non solo, ma la partita ti va completamente fuori dalla mente. Inaudito. Venti anni fa non mi sarei mai immaginato una possibile situazione del genere. Come vedete, la cosa è ormai nella fase terminale e ne sono francamente molto preoccupato. Oddio, ho le mie scusanti: sono reduce da cinque partite della serie finale per il titolo in Slovenia, trasmesse da noi di Capodistria, per cui per il lavoro ai fianchi che ho subito era solo ovvio che prima o poi andassi k.o. Non pensate comunque che fossero molto peggio di quello che si vede in Italia (e dire che sono già le semifinali: correggetemi se sbaglio, ma dovrebbero essere le migliori del campionato italiano. E allora le altre come di grazia sono?). Ormai tutto il mondo è paese. L'unica differenza è che in Italia ci sono tanti giocatori internazionali possibilmente di colore, dunque già di per sé attraenti, dai nomi esotici, ma in sostanza quello che si vede in campo è esattamente la stessa cosa. Il problema è che, dovendo fare le telecronache, le suddette partite ho dovuto sorbirmele per intero senza poter erompere in una sonora imprecazione come faccio regolarmente a casa quando guardo la TV con immediato scatto del pulsante del cambio canale del telecomando.

Poi ci sarebbe l'NBA. Che si gioca di notte e comunque le dirette del basket americano sono inguardabili per le pause disumane che comportano con time out oceanici, soprattutto nel finale quando per dire “forza ragazzi che ce la facciamo!” ci mettono cinque minuti di improbabili disegni di schemi che poi ovviamente mai vanno a buon fine. E allora dovrei guardare le repliche differite del giorno dopo. Sapendo il risultato. E mi sapete dire che gratificazione potrei avere nel guardare un gioco che non capisco e che mi sembra idiota con gente che fa tutto il contrario di quello che vorrei che facessero sapendo anche come va a finire? E infatti non guardo proprio. Sembra che in finale ci siano Miami e San Antonio. Beh, San Antonio è l'unica guardabile, per cui penso che qualcosa vedrò, ma solo se vincono. Non potrei infatti sopportare che succeda loro quanto successo l'anno scorso. Come sapete, infatti, sono un grandissimo tifoso di LeBron James e, se lui perde, mi dispero. O no? No, decisamente. A proposito, almeno sul mio blog, abbiate la decenza di non scomodare nomi di sommi giocatori accostandoli a quello suo perché ogni volta che leggo cose del genere ho conati di vomito. James è un talento fisico assolutamente debordante ed è devastante solamente per questo. Come giocatore è totalmente costruito senza un briciolo di vera creatività. Lo ammetto, costruito bene e che è indiscutibilmente progredito con gli anni, soprattutto in termini di leadership e di responsabilità, per cui ha cominciato a spostare sempre più equilibri. Ma per favore non bestemmiate paragonandolo a Jabbar, Magic, Larry o MJ, perché qui stiamo parlando di pianeti diversi. Se proprio volete paragonarlo a qualcuno, fatti gli aggiustamenti del caso, paragonatelo a Chamberlain.

Intermezzo con una piccola chiosa su quanto scritto da Franz. Verso la fine degli anni '80 il direttore sportivo dell'Olimpija Rado Lorbek cominciò, ogni volta che ci incontravamo, a farmi una testa come un barile parlandomi del nuovo fenomeno che avevano nelle loro giovanili, un ragazzo lunghissimo di Kranj originario dalle nostre parti, tale Gregor Fučka. "Vedrai“, mi diceva, "abbiamo in casa il nuovo Kukoč!“. E infatti nei cadetti dell'Olimpija lo facevano giocare da play. Constatato con i miei occhi quando sono andato una volta a vederlo quando non aveva ancora neanche 16 anni ed era già 2,05. Poi gli fecero saltare tanti gradini, tanto che a meno di 17 anni esordì in prima squadra nel finale di campionato, per cui, forse molto pochi lo sanno, Gregor segnò 4 punti (due volte un canestro in due partite) nella Serie A jugoslava. Poi Tanjević venne a sapere che il padre del ragazzo aveva mantenuto la cittadinanza italiana (essendo nato a Monte Radio sopra Gretta, per i triestini), andò a Lubiana e lo convinse di nascosto a venire alla Stefanel di gran carriera, in quanto doveva avere la residenza italiana prima del compimento dei 18 anni per poter optare da maggiorenne per la cittadinanza italiana senza ulteriori complicazioni burocratiche, tanto che un giorno Lorbek, recatosi all'allenamento dell'Olimpija chiese: “E dov'è Gregor?” “A Trieste” “Shopping?” “No, se n'è andato a giocare per la Stefanel”. Cosa che Lorbek non ha perdonato a Boša ancora fino a oggigiorno. Per dire che non era proprio uno qualsiasi quando venne a Trieste e che sapeva già giocare, e molto bene, da play. Qui fu trasformato in ala forte-pivot, cosa che a Lubiana, vista la sua magrezza e gracilità mai avevano pensato di fare volendo piuttosto sfruttare il suo talento per il basket unito alla abnorme statura, cosa che da esterno lo avrebbe trasformato in un'arma totale. Insomma voglio dire che per me, almeno per i primi due anni, Gregor a Trieste fu una delusione, in quanto da bambino lo avevo visto giocare molto meglio (e tirando anche benissimo – il passaggio con il caricamento dietro alla testa fu una cosa normalissima per uno che crebbe di più di 10 centimetri in un anno e dovette ripensare tutta la meccanica dei movimenti adattandola all'improvviso cambiamento della lunghezza dei suoi arti – per inciso, è esattamente quello che succede a tutti i lunghi durante l'età dello sviluppo, per cui sembrano imbranati e infatti vengono tagliati dal basket per andare a giocare a pallavolo – no, scusate, troppa tristezza e rabbia, lasciamo stare). In definitiva ci andrei molto cauto con i grandi meriti di cui parla Franz. E inoltre, per un Cantarello (e De Pol, non dimentichiamolo) scommessa vinta, vorrei ricordare anche i vari Favero, Bonventi e tantissimi altri che furono spremuti come limoni fino a che, rotti, dovettero abbandonare da giovani il basket nel quale avrebbero potuto fare molto. Non tanto quanto il giustamente ambiziosissimo Tanjević desiderava, ma comunque molto più di quanto poi fecero. Insomma, ogni medaglia ha il suo lato B. Il lato A è la costruzione di una grande squadra in una città dove “no se pol”, cosa questa che da sola meriterebbe una statua davanti al Municipio in Piazza Unità, ma dall'altra parte ci sono anche tanti lati oscuri e comunque non tanto gloriosi.

 

Finisco con lo sport femminile e con gli sport che sono percepiti come più adatti alle femmine e che da noi riscuotono più interesse. Si tratta semplicemente di punti di vista. Vi siete mai chiesti perché negli Stati Uniti (e non nello Zimbabwe) esiste un campionato professionistico femminile di basket, ma non di pallavolo, anzi, se glielo chiedete perché non esista vi guarderanno come se foste venuti da Marte? Pallavolo professionistica? Il beach volley in palestra? Scherziamo? Oppure perché lo sport femminile di gran lunga più praticato laggiù sia il calcio, percepito come sport perfetto per le ragazze? Evidentemente perché i condizionamenti culturali loro sono totalmente diversi dai nostri, cioè da loro il ruolo delle donne, anche nel solco della straordinaria tradizione delle donne di frontiera segnalata già da Tocqueville che ne faceva uno dei pilastri della nascente società americana, è perfettamente diverso da quello che si ritiene sia il loro ruolo da noi, particolarmente nel bacino mediterraneo, quello più legato, fra tante altre cose, alla tradizione cattolica della donna angelo del focolare e madre dei nostri figli. Il discorso sarebbe lunghissimo e, almeno per me, affascinante. Non so però per voi. Se vi interessa potrei parlarne ancora.