“Dovresti quindi prendertela con Edoardo, anche se da parte mia meglio discutere con lui che parla di Nba piuttosto che impelagarsi in sport strampalati come il salto sugli sci (con gli sci, tra gli sci, boh), improvvisamente assurti a somma espressione umana perché c'è qualche sloveno protagonista. Sconcertante che in un forum di basket venga attaccato chi vuole parlare di basket (non limitandosi alla parte europea come fai tu) anziché di salto per gli sci.”

Complimenti. Se esistesse una competizione per chi riuscisse a far vorticare con la massima velocità angolare possibile gli aggeggi sferici che anch’io, come tutti i mammiferi di sesso maschile, possiedo, questa frase avrebbe vinto la gara con giri di pista di distacco.

Premetto che della terminologia in uso fra gli invasati di internet conosco ben poco, per cui se scriverò delle inesattezze in questo senso spero che non vi attaccherete a loro per confutare quanto sto per dire, in quanto vorrei semplicemente far passare il senso e lo scopo di quello che scrivo qui.

 

Lo ammetto e non ho nessuna difficoltà di farlo: questo sito con relativo blog è nato per fare propaganda al libro che avevo appena scritto. E’ stata un’idea di Tommaso, molto più giovane di me e dunque molto più sensibile allo spirito dei tempi, che aveva pensato a questo mezzo semplicemente per fare in modo che la gente avesse un modo per ordinare il libro via internet. Per questo, visto che nel libro parlo del basket e sono conosciuto principalmente quale telecronista di basket mi sembra solo normale che, visti gli scopi del sito, il basket jugoslavo (perché di esso parlo nel libro) avesse l’onore dell’intestazione. L’idea era anche quella di scrivere ogni tanto qualcosa per fare un piacere ai vecchi appassionati di TV Capodistria, ma soprattutto perché, lo ripeto continuamente anche se la gente stenta a credermi, mi divertivo a scrivere le mie riflessioni (mi sembra che ognuno che ha un blog abbia le stesse motivazioni, in quanto scrive gratis, almeno all’inizio – io ancora adesso, se è per quello, e se dovessi avere il sentore che potrebbe diventare un’operazione commerciale, smetterei di colpo). Visto che ho cominciato a avere infinitamente più riscontri di quanti me ne attendessi e visto che continuavo a divertirmi, ho continuato, convinto di fare un piacere a qualcuno o almeno di poter discorrere amabilmente su temi a noi cari confrontando in modo civile opinioni e pensieri. Su tutto quello che poteva venirci in mente.

In definitiva, e lo scrivo a lettere cubitali: QUESTO NON E’ E NON SARA’ MAI UN FORUM DI BASKET. Questo è il mio sito, questo è il mio blog, per cui ci scrivo esattamente quello che mi pare e piace. Sono passati quasi 10 anni da quando esiste (mamma, come passa il tempo) e in un lasso di tempo tanto lungo gli interessi delle persone cambiano. Io sono nato a pane e basket e il basket è stato la mia vita anche e soprattutto perché mi ha dato da vivere facendo la cosa che più desideravo fare da piccolo, per cui avrà per sempre la mia sconfinata gratitudine. Però, come tutte le cose, anche il basket è cambiato. In una direzione che fa sì che mi interessi sempre meno. Ragion per cui, essendo questo il mio blog e scrivendo delle cose che interessano a me, in quanto, non pagandomi nessuno, non ho da soddisfare nessun tipo di richiesta esterna, state pur sicuri che di basket scriverò sempre di meno. E dunque lo annuncio qui pubblicamente e ufficialmente: questo sito sarà da ora in poi esattamente tutto meno che un forum di basket. Nel senso che sarà un luogo nel quale continuerò a scrivere di cose che mi interessano sperando che interessino anche a qualcun altro e il basket sarà trattato esattamente come tutti gli altri sport, anche quelli che a qualcuno possono sembrare strampalati.

Già, sport strampalati. E qui il momento angolare raggiunge vertici da record. Chi e cosa decide che uno sport è strampalato? Che uno sport che è una religione non solo nella piccola e spregevole Slovenia (immaginarsi, come fa uno sport a essere serio se il migliore è uno sloveno? Non scherziamo, per favore…), ma in Paesi molto più insignificanti quali Germania, Austria, Norvegia, Finlandia…) e che richiede tutte le doti possibili che un atleta dovrebbe avere (coordinazione, scatto, equilibrio – vi consiglio di cercare su Youtube l’allenamento di Prevc che cammina su una ringhiera della palestra, velocità, elevazione, e soprattutto un pelo sullo stomaco che solo chi è mai stato accanto a un trampolino gigante può percepire) possa essere visto come strampalato è una cosa talmente assurda che mai mi sarei sognato di vedere scritta nero su bianco. Forse è strampalato perché gli italiani non significano nulla a livello mondiale? E dunque non interessa, per cui, visto che la Gazzetta neanche menziona la festa finale di Planica, semplicemente non esiste? Bell’esempio di apertura culturale e cosmopolitismo. Per dire: giorni fa una nostra giornalista ha fatto un servizio per il TG nel quale riferiva della prima nave da crociera attraccata quest’anno nel porto di Capodistria in un’annata che si preannuncia da record. Era una nave tedesca con turisti tedeschi che si sarebbero fermati un paio di giorni andando a visitare i luoghi turistici sloveni più importanti. Non potevano mancare le veloci interviste. Domanda a un turista di mezza età: “Lei cosa conosce della Slovenia?” risposta: “Nulla, è la prima volta che ci vengo. So solo che avete un grandissimo saltatore con gli sci, perché da noi non si fa che parlare di lui.

Se posso permettermi quella che a molti sembrerà una blasfemia, sempre per quella sottile vena di razzismo inconscio, della serie come possono questi pigmei criticare e avere qualcosa da dire su una grande e gloriosa nazione come la nostra, e cioè fare un ragionamento visto dall’altra parte della barricata, in Slovenia per esempio come strampalato o perlomeno come sport bizzarro viene visto il rugby, nientemeno. Ho abbastanza sangue balcanico nelle vene per capire perché uno sport del genere sia visto come totalmente incomprensibile per la mentalità tanto slava quanto balcanica (guarda caso i romeni, gli unici che praticano il rugby da quelle parti, sono latini – a proposito, c’è qualcuno che riesca a spiegarmi perché il rugby sia totalmente sconosciuto in tutti i Paesi di area germanica?), la stessa mentalità che fa di converso del basket uno sport estremamente popolare. E’ sicuramente un peccato, perché gli sloveni avrebbero tutte le caratteristiche fisiche per eccellere, dovute a secoli di lavori nei campi inerpicati sui pendii delle montagne o del guadagnarsi da vivere spaccando legna, un po’ come i gallesi hanno i geni di secoli di lavori in miniera. Mi viene spesso da pensare chi potrebbe spostare in mischia una prima linea formata da Jurak, Tušek e Smodiš (fra l’altro, ripensando a quanto detto appena sopra, tutti e tre nati in zone di importanti miniere di carbone), gente che se un TIR li investe, si sfascia il TIR, avendo ossa e fibre di puro titanio, ma la risposta non si avrà mai, visto che si sono dati al basket. Detto questo però è solo ovvio che se uno sloveno dicesse qualcosa del genere a un neozelandese o a un australiano il minimo che gli potrebbe succedere, giustamente, sarebbe quello di andare a casa senza denti.

Rimanendo nel campo degli sport di stampo britannico mi ricordo di un giorno di tantissimi anni fa (era attorno al ’76-’77) quando all’allenamento mi arrivarono i fratelli Vitez (Milko, il padre della pallavolista Sandra, e il più giovane Boris, quello che ha fatto la carriera più importante), arrivati da un paio di anni dall’Australia, in condizioni totalmente pietose, tanto che nessuno dei due, normalmente dal punto di vista atletico debordanti rispetto ai nostri “indigeni”, riusciva quasi neanche a correre. Alla mia ovvia richiesta di spiegazioni risposero con imbarazzo di non aver chiuso occhio la notte, in quanto l’avevano passata con l’orecchio incollato alla radiolina per seguire in diretta lo svolgimento del match decisivo della “Ashes Series”, la sentitissima sfida di cricket fra Inghilterra e Australia, evento che ferma i due Paesi per un paio di settimane. Ora: il cricket è uno sport che non riuscirò mai a capire. Però da questo a dire che uno sport che può creare interesse del genere e che è diffusissimo e sentitissimo in tutti i Paesi del Commonwealth, Kenia compreso, per non parlare delle Antille britanniche o soprattutto di India e Sri Lanka, dove è lo sport nazionale, sia strampalato ce ne corre. Non lo capisco, non riuscirò mai a capirlo, però vedo che una moltitudine di persone lo pratica e lo segue, per cui sicuramente è uno sport serio, importante e più che rispettabile.

Si potrebbe parlare per un libro intero di sport che in Italia vengono rubricati fra le varie delle varie, se non fra le curiosità, appunto, strampalate, e che invece altrove hanno grandissima risonanza. L’esempio più immediato che viene in mente è il caso della pallamano. Sembra incredibile e per me incomprensibile come uno sport del genere, divertente da praticare, che non ha bisogno di strutture sofisticate, basta un pallone, un campo da basket qualsiasi e due porte da calcetto, sia totalmente negletto in Italia, cosa ancora più strana visto che è solo e esclusivamente in Italia, in tutta Europa, che nessuno se lo fila. Nel mondo germanico (Svizzera e Austria comprese) la pallamano è lo sport di palestra di riferimento, tanto nella Germania vera e propria che in Scandinavia, specialmente in Danimarca e in Svezia, vere e proprie superpotenze di questo sport. La pallamano è diffusissima in tutto il mondo slavo, da quello del nord (Polonia, Cechia, Slovacchia), a quello del sud (tutta l’ex Jugoslavia), a quello dell’est (tutte e tre le Russie, grande, piccola e bianca, per chi non lo sapesse Russia, Ucraina e Bielorussia), non solo, è sport popolarissimo in Ungheria e, rullo di tamburi, in due dei tre grandi Paesi latini d’Europa, cioè Francia con tutta la sua teoria di titoli olimpici e mondiali, potenza di riferimento in questo secolo, e Spagna, fiera avversaria della Francia e grandissima a livello di club. La sezione pallamano (balonmano) dell’FC Barcellona per struttura, organizzazione e mezzi non ha granché da invidiare all’omologa sezione basket. Solo in Italia non ha mai veramente attecchito. Non so perché, forse perché in un Paese a cultura monocalcistica a livello di feticcio sembra quasi contro natura tirare in porta con le mani invece che con i piedi, fatto sta che in Italia la pallamano è sport di squadra praticamente sconosciuto. Secondo la mentalità di qualcuno sarebbe perciò strampalato. Non v’è chi non veda come un ragionamento del genere, da noi non è popolare, dunque non vale un tubo, sia semplicemente totalmente idiota.

Del golf inutile parlare. Sarà uno sport da snob che fa ridere, però la Ryder Cup è l’evento che, dopo Mondiali di calcio e Olimpiadi, ha la massima audience televisiva mondiale. Una ragione ci sarà.

A proposito di audience. Lo sapevate che in Germania ci fu in un fine settimana un’amichevole della loro nazionale di calcio e, in contemporanea, una kermesse a inviti indoor di biathlon, e che il biathlon, fra l’incredulità di tutti i funzionari televisivi, ebbe il doppio di audience della partita di calcio? Trattasi di sport che sulla Gazzetta viene saltuariamente menzionato solamente perché, per ragioni misteriose (o neanche tanto, tornando al discorso del lavoro nelle valli alpine menzionato sopra) l’Italia, soprattutto femminile, è fortissima. E infatti un personaggio straordinario quale Dorothea Wierer, fra l’altro un meraviglioso pezzo di figliola, cosa che in termini pubblicitari e di immagine non guasta mai, ha una popolarità incredibile in Germania, esponenzialmente superiore a quella che ha nel suo Paese natale. Il biathlon è uno sport strampalato? Andate a dirlo a tedeschi e norvegesi, soprattutto quando hanno un fucile fra le braccia, capaci come sono con il fiatone di colpire un bersaglio di 11 cm a 50 metri di distanza.

Il caso, per finire, di sport visto come strampalato in Italia e che invece ha una diffusione planetaria, che trascende anche le sue valenze sportive, è ovviamente il tanto deriso ping pong. Che quando diventa tennis tavolo diventa lo sport nazionale in Asia, segnatamente in un piccolo Paese di un miliardo e 300 milioni di abitanti che si chiama Cina. Uno sport che esige riflessi fulminei, una straordinaria coordinazione neuro-muscolare, una fantastica reattività articolare, insomma uno sport da Circo di Pechino. Il ping pong fa ridere? Non vi interessa? E chi se ne frega! Quando appassiona un quarto dell’umanità (ci aggiungo Corea e Giappone), quando un incontro di ping pong diventa una pietra miliare nel disgelo politico fra due superpotenze, quando, come detto, per praticarlo bisogna avere delle doti fuori dal comune, si può ignorarlo, può non appassionare, per carità, è più che legittimo, ma per questo disprezzarlo e deriderlo è veramente, ripeto, da perfetti idioti.