Salve! E’ da tempo che non scrivo e ci sarebbero tante cose da commentare. Come sapete voi che mi conoscete la pigrizia filosofica è una delle mie caratteristiche delle quali vado più fiero e dunque, avendo in questi tempi olimpici preso un impegno con il Primorski Dnevnik (per i nuovi del blog è il quotidiano in lingua slovena della minoranza slovena in Italia) per un pezzo quotidiano di commento, ho ritenuto che spremermi il cervello una volta al giorno per trovare qualcosa di intelligente da scrivere fosse un impegno gravoso quanto bastava e dunque non avevo né motivazioni né voglia per scrivere qualsiasi altra cosa. Ora le Olimpiadi sono finite e posso rituffarmi nella routine, chiamiamola così, anche se non voglio essere frainteso, in quanto scrivere e sapere che in molti mi leggete mi dà non poca soddisfazione, lo ammetto.

Voglio subito cominciare con una cosa difficile e fare una specie di quadruplo mortale carpiato (3,2 di coefficiente, mi sembra) accoppiando due storie che apparentemente non c’entrano assolutamente una con l’altra. La prima è la situazione politica e militare con l’attacco della Russia all’ Ucraina. In Occidente non si riesce a capire in realtà cosa voglia Putin provocando in questo modo gli americani e tutti i suoi satelliti, UE in primis (che l’Europa sia un satellite politico dell’America che è stata quella che l’ha creata, alla fin fine, non credo sia confutabile in modo serio). A me onestamente, conoscendo un po’ i russi anche e soprattutto per come si comportano in campo sportivo, che sono uno dei pochi a non sottovalutare, in quanto è proprio nello sport che vengono fuori le caratteristiche più profonde e radicate di un popolo, la cosa sembra molto chiara.

I russi sono fondamentalmente, per varie ragioni storiche, un popolo paranoico che è convinto che tutti ce l’abbiano con loro e che tutti vogliano che spariscano dalla faccia della terra. In effetti fra finlandesi, polacchi, baltici vari, ucraini veri (i russini di austro-ungarica memoria) non è che abbiano ai confini amici particolari, anzi, appunto, hanno tutta gente che non vedrebbe l’ora che si estinguessero, visto quello che hanno loro perpetrato in passato. Ragion per cui è solo ovvio che, una volta ingoiato il per loro enorme rospo dell’ingresso nella NATO di Polonia e dei paesi baltici, non tollerino che magari la NATO arrivi alle porte di casa loro in quello che ritengono un loro orto, e cioè le altre due grandi nazioni russe, quella piccola o Ucraina, e quella bianca o Bielorussia. In Bielorussia, con Lukašenko al potere, sono in una botte di ferro, in Ucraina (ricordo solo che, quando i nazisti invasero l’Ucraina, la gente faceva la fila per offrire loro pane e sale in segno di benvenuto) le cose stanno diversamente. Secondo me il loro obiettivo strategico a lungo termine è quello di ottenere un territorio cuscinetto di protezione semplicemente perché la NATO non disponga missili sul loro confine. Perché abbiano invaso l’Ucraina correndo grossi rischi di impantanarsi in una specie di Vietnam senza fine  non riesco a capirlo se non come un clamoroso all in tentato da Putin per poi negoziare da posizioni di forza e ottenere magari che in Ucraina si installi un governo fantoccio tipo Bielorussia. Già detto che gli slavi in genere sono straordinari amanti del gioco d’azzardo estremo. Cosa che sembra stia succedendo in questo momento. Cosa faranno le menti acute dell’Occidente non riesco a prevederlo, visto che, ragionando all’occidentale, tutto quello che saranno capaci di ottenere sarà, come nel caso della ex Jugoslavia, esattamente il contrario di quello che vorrebbero. Sento parlare di draconiane sanzioni. Sai quanto si spaventeranno i russi, abituati da secoli a mangiare erba se occorre. E per loro la faccia e l’onore sono molto più fondamentali del benessere economico. L’unica cosa che vedo che si potrebbe fare è parlare seriamente (alla slava, per metafore e allusioni, un serbo sarebbe perfetto) con loro in segreto per sapere veramente cosa vogliono. E poi darglielo salvando in qualche modo la faccia ricevendo in cambio qualche concessione di facciata. Ripeto, penso che ai russi basterebbe sapere per esempio che l’Ucraina rimarrà nella loro sfera di influenza senza mai entrare nella NATO. Quello che è sicuro è che, una volta entrati in guerra, i russi la continueranno comunque. Costi quel che costi. In questo contesto per loro le singole vite umane non contano.

In questa ottica, quella cioè del sentimento universale in casa loro di perenne accerchiamento, appare assolutamente normale che, più Putin mostra i muscoli, più la sua popolarità cresca. Per la loro storia i russi semplicemente non hanno alcuna percezione di quella che è la democrazia intesa in senso americano. Loro hanno sempre avuto bisogno di uno zar autoritario che li guidasse, è una cosa quasi genetica inculcata nel loro DNA da lunghissimi secoli di servitù della gleba e di una rigidissima divisione di classi. Inutile girarci intorno e voler fare i politicamente corretti a ogni costo. E’ così. Come testimoniato dall’episodio olimpico che ha fatto tanto scalpore, quello della povera Kamila Valijeva, travolta da fatti molto più grandi di lei che è stata, poverina, del tutto prevedibilmente, incapace di gestire nella sua testa con il risultato di produrre un programma libero nel quale non ha fatto altro che piangere e cadere. Una cosa assolutamente straziante che si è aggravata subito dopo la sua prova, quando è stata aggredita dalla sua allenatrice kapò che l’ha rimproverata severamente per aver smesso di combattere una volta caduta dopo l’axel. Parole che si sono sentite in Mondovisione, del tutto inequivocabili. E che hanno suscitato un sentimento di rivolta in tutto il mondo, in primis nel sottoscritto, che è convinto che il rispetto della dignità umana e la compassione nei confronti degli sconfitti siano i segni più tangibili della civiltà intesa nel suo senso più nobile. Non però nella Russia stessa, dove tutti sono insorti come un sol uomo nei confronti delle critiche occidentali dando ragione in pieno al comportamento dell’allenatrice. Questa è la loro mentalità, inutile negarlo. Una persona è sempre e solo una pedina facilmente sacrificabile nel nome di un’ideale molto più alto, che sarebbe quello di mantenere sempre e comunque ai massimi livelli l’onore russo. Questo anche spiegherebbe molto facilmente la loro inclinazione al doping di stato: un russo deve sempre e comunque vincere. Se poi diventa un rudere umano o addirittura tira le cuoia, nessun problema. L’onore è stato tenuto alto, ed è l’unica cosa che conta. Insomma, come disse quello, la Russia per noi occidentali rimarrà sempre un enigma avvolto nel mistero.

Sulle cose che ho scritto desidererei molto l’opinione dei più addentro alle cose storico-politiche fra di voi, ma, ripeto, essendo io stesso slavo e avendo avuto a che fare per tutta la vita con quella gente, penso di essere abbastanza informato per dire la mia senza farmi ridere dietro. Fra l’altro ho esperienza diretta di come i cosiddetti “geni” della politica internazionale, le teste di uovo (?) più rinomate e ascoltate, hanno affrontato la crisi jugoslava sparando idiozie a tamburo battente che non avevano la minima attinenza con la realtà fattuale, per fidarmi, in questo caso, più di me stesso che di loro.

Per tornare alle Olimpiadi invernali vorrei tradurvi un largo pezzo del mio ultimo pezzo, il commento finale, perché è quello che meglio rispecchia le mie idee generali in merito. Nel particolare dico velocemente che l’Italia è stata brava nel vincere tantissime medaglie nel maggior numero di sport diversi della storia, ma che due soli ori, fra l’altro nel curling e con l’immarcescibile Fontana nello short track mi sembrano un bottino francamente striminzito. Tanto più che, a parte Pellegrino, Goggia, Brignone e Wierer tutto il panorama degli sport olimpici “veri” è molto triste. Per la Slovenia trionfo, che sarebbe stato maggiore se Peter Prevc non fosse stato derubricato dai giudici che gli hanno tolto un meritato bronzo (l’unico vinto dalla Polonia in tutte le Olimpiadi!) e se il vento avesse lasciato in pace Zajc nella gara a squadre di salti che la Slovenia stava avviandosi a vincere con pieno merito e che le ha fruttato invece “solo” un argento. Però c’è stata la seconda manche nel gigante di Kranjec che da sola meriterebbe di entrare nella storia (e c’è voluto un fenomeno totale come Odermatt per batterlo di soli 19 centesimi) e la straordinaria storia di Glorija Kotnik, bronzo nel parallelo di snowboard, una che nel 2018 ottenne tutta una serie di quarti posti in Coppa del mondo, che poi si infortunò, perse la voglia, si ritirò, un anno fa ha avuto un figlio e poi ha deciso che, va beh, si poteva ritentare e, qualificandosi per il rotto della cuffia per le Olimpiadi, è poi, con la mente sgombra e felice solamente di essere nuovamente competitiva, approdata al bronzo. Alla fine ha pianto per tutto il giorno come una fontana e una bellissima cartolina olimpica è la dolce carezza che le ha fatto una commossa (per lei, non certo per sé - aveva appena timbrato senza neanche esultare il cartellino della scontata vittoria) Ester Ledecka.

Prima della traduzione del mio commento e dicendo che di basket parlerò la prossima volta, visto che non voglio fare interventi fiume, ancora due parole sulla per me fenomenale storia di Eileen Gu (o Gu Ailang alla cinese), storia che dovrebbe essere la parabola per eccellenza di cosa è lo spirito olimpico. Se non la conoscete ve la dico in breve. Lei è figlia di una scienziata cinese che lavorava a San Francisco piena di dottorati di ogni genere ottenuti sia a casa sua che in America. La quale scienziata a un dato momento ha desiderato un figlio, ha trovato un americano di passaggio, e l’ha fatto. E’ venuta dunque al mondo 18 anni fa Eileen ed è venuta veramente molto bene. E’ stata educata solamente dalla mamma single, vivendo in America è diventata americana, però a casa con la madre ha sempre parlato in mandarino, per cui, quando la madre è ritornata in Cina per lavorare in una società finanziaria, la figlia ha deciso di vivere con lei a Pechino per quattro mesi all’anno prendendo anche la cittadinanza cinese. Appassionata di sci estremo si è dedicata al freestyle allenandosi come una disperata e infatti ha vinto per la Cina due ori e un argento, scusate se è poco. Il fatto è che la ragazza è una sventola totale, perfetto esempio del meglio che può offrire il misto euroasiatico, e dunque tanto in Cina che in America funge da testimonial per tutta una serie di prodotti. In Cina è tanto popolare, visti i cartelloni pubblicitari appesi a ogni angolo delle strade che la ritraggono, che quando ha vinto il suo primo oro il corrispettivo locale di Twitter è crollato per qualche ora, intasato dai messaggi. E solo in America, per fare pubblicità a ditte secondarie tipo Louis Vuitton e simili, la buona Eileen si porta a casa qualcosa come 16 milioni di dollari l’anno. Ragazza viziata con la puzza sotto il naso? Assolutamente no. Se non bastasse ha finito un liceo esclusivo a 54000 dollari l’anno di retta con un anno in anticipo, ha partecipato a un concorso panamericano per ottenere borse di studio presso le maggiori università USA, ovviamente è arrivata fra i primi e quest’anno comincerà gli studi a Stanford. Ha già detto che probabilmente lo studio la assorbirà totalmente e che lo sport è stato bello, ma che ci sono cose più importanti nella vita, e probabilmente smette. Per me non ci sono parole, è troppo bello.

E ora la traduzione.

“Durante le Olimpiadi ho avuto sempre un retro pensiero, che cioè le Olimpiadi invernali stanno sempre più avviandosi verso un punto nel quale bisognerà seriamente chiederci cosa farne, ma se soprattutto ha ancora un senso organizzarle. Chi mi ha letto sa che durante tutti i Giochi ho avuto l’impressione di assistere a un videogame, o detto altrimenti, tutto era così artificialmente concepito prima e svolto poi che non dava l’impressione di essere reale, di essere cioè simile a quello che viviamo sulla nostra pelle quando andiamo a sciare in qualche località a noi vicina. Il riscaldamento globale del pianeta è ormai un fatto assodato che non può più essere negato, il che rende praticare gli sport invernali sempre  più difficile. Normalmente, invece di nevicare, piove. E se arriva il freddo, arriva in genere con tempo molto secco e dunque bisogna innevare le piste artificialmente, il che significa che bisogna da qualche parte pompare acqua (che in montagna servirebbe principalmente per la vegetazione), gelarla e poi spararla sui prati. In definitiva per fare in modo che oggigiorno la gente possa sciare si devono trasformare i monti in giganteschi frigoriferi.

Il che è esattamente quanto hanno fatto in Cina. Lì hanno d’inverno un gran freddo, però proprio per questo non hanno (quasi mai) precipitazioni. Un giorno di tormenta durante le Olimpiadi è quasi un episodio epocale che rimarrà isolato per molto tempo, anni forse. Quello che hanno fatto è costato una barca di soldi, che la gigantesca Cina non ha avuto difficoltà nel raccogliere, ma cosa sarebbe se volessero fare la stessa cosa dalle nostre parti, poniamo per le Olimpiadi dei tre confini che si ventila come un’ipotesi futura da perseguire? Ovviamente l’idea è meravigliosa, sia dal punto di vista sportivo che quello politico e culturale, ma è secondo me semplicemente irrealizzabile. Le strutture le abbiamo, dirà qualcuno. Certamente, ma solo per gli sport “normali”, quelli che hanno da sempre costituito l’ossatura delle Olimpiadi invernali. Salti a Planica, fondo dove si vuole, sci alpino attorno a Tarvisio o Villaco, o anche a Kranjska Gora, per dire, dove ci sono miriadi di rinomate località sciistiche con piste fantastiche. Ottimo. E poi? Avete pensato all’incontrollato proliferare di nuove discipline inserite ultimamente (secondo me con troppa precipitazione o comunque non proprio in linea con il vero spirito olimpico) nel programma dei Giochi? Dove di grazia c’è quella gigantesca struttura per lo slopestyle, dov’è il trampolino per il freestyle, dov’è una halfpipe? E se già ci sono da qualche parte dubito fortemente che siano in regola per le massime competizioni. Tutto ciò bisognerebbe costruirlo. E poi a Olimpiade finita rimarrebbero lì a ricordarci in modo imperituro della loro inutilità finché prima o poi non crollerebbero da soli. Dubito fortemente che ci sia da noi una folla ansiosa di praticare sport tanto estremi, che presuppongono un allenamento intenso e ben mirato e dosato, in quanto se cadi puoi anche farti molto male se non restarci direttamente secco. E proprio per questo sono sicuro che questi impianti sarebbero del tutto inutili, in quanto sarebbe impossibile che si mantenessero da soli. Più o meno come i trampolini di Pragelato costruiti per le Olimpiadi di Torino e che ora sono anche ufficialmente inutilizzabili. Il Piemonte non è la Slovenia e per loro i salti sono uno sport alieno. Come per noi il freestyle.

Per non parlare della pista di bob e slittino, che già da sola costa un’enormità, sia per costruirla, ma soprattutto  poi per mantenerla attiva. E perché si dovrebbe costruirla? Per fare in modo che la Germania faccia il pieno di medaglie? E allora?

Penso di aver già elencato una lunga lista di grossi problemi che dovrà affrontare chiunque volesse ancora organizzare le Olimpiadi invernali. Rischiando di dover costruire una miriade di cattedrali nel deserto. Su tutto questo pende però ancora la vera spada di Damocle. La Terra si sta riscaldando, per andare a sciare bisogna andare sempre più in alto, dove c’è poco ossigeno e dunque lo sci di fondo è penalizzato gravemente, e sta dunque pian piano succedendo che praticare gli sport invernali è sempre più difficile, ma soprattutto costoso. E attenzione, qui sto parlando solo degli sport “classici” delle Olimpiadi invernali. Della moderna zavorra non voglio neanche parlare. Personalmente sono dell’opinione che quegli sport appartengano ai cosiddetti X-Games e non alle Olimpiadi, o almeno non a quelle invernali. Le stesse cose le possono fare anche all’asciutto. Che dunque continuino a farle lì. Scusate se ho offeso qualcuno, ma almeno ho sputato il rospo.”