Mi scuso per la prolungata assenza, dovuta a più fattori. In ordine di tempo: dapprima c’è stata la necessità di prendermi tempo dopo i commenti che avete postato sulla mia piccola digressione politica che pensavo fosse banale, un fatto puro e semplice. Dopo aver capito di aver toccato tasti impensabili, soprattutto fra cari amici a cui voglio molto bene, e dopo un primo impulso di scatenare un putiferio accusandoli di essere semplicemente anime candide fuori dal mondo (chi non vorrebbe una pace eterna? Non quella…quella fra i popoli del mondo…purtroppo a volerla devono starci proprio tutti e quando ovviamente uno, uno solo, non ci sta, la pace salta – è sempre stato così e pensare che il mondo migliori di generazione in generazione è la più ingenua utopia che ci sia) mi sono imposto di lasciar stare. Inutile che spieghi che una cosa è desiderare e sognare determinate cose, e io sono fra quelli che le desiderano, ma che bisogna sempre rendersi contemporaneamente conto che invece il mondo vero è tutt’altra cosa e sempre lo sarà (fra l’altro, con gli USA che hanno eletto Presidente un anziano malfattore narcisista egocentrico, profondamente corrotto, incapace e negli ultimi tempi anche palesemente demente, non mi sembra che il mondo abbia fatto molti progressi dai tempi di Caligola), per cui mettiamoci una pietra sopra e possibilmente amici come prima.

Il secondo motivo è molto banale: volevo vedere, prima di parlarne, i playoff di Eurolega per vedere come finivano. E infine è subentrato il terzo motivo: improvvisamente c’è stato un periodo in cui ho avuto molti impegni di vario tipo che mi hanno distorto dalla concentrazione necessaria a scrivere qualcosa di sensato e soprattutto informato. Una sola cosa mi è piaciuta e mi ha divertito tantissimo, e cioè la notizia che Dallas, con l’1,08% di probabilità, abbia vinto la lotteria per la prima scelta. Scusate, ma un pensiero di tipo andreottiano (a pensare male si fa peccato…) è stata la primissima cosa che mi ha attraversato la mente. Mi scuso se nel mio inconscio ho dubitato dell’adamantina rettitudine sportiva e morale che permea tutta la struttura organizzativa della massima lega di basket professionistico del mondo. Lunedì scorso per esempio sono stato invitato dall’Università di Trieste a presenziare al conferimento della laurea honoris causa in psicologia applicata a Julio Velasco. E’ stata un’esperienza straordinaria e la sua lectio magistralis mi ha profondamente colpito. Potete, anzi dovete, ascoltarla su YouTube. Non so come postare il link, ma lo trovate agevolmente con una semplice ricerca. Personalmente godo quasi fisicamente quando ascolto qualcuno che ne sa molto più di me su un argomento che mi interessa e questa è stata una di quelle pochissime volte. Secondo me tutto quello che ha detto dovrebbe essere raccolto in un volumetto, una specie di Vangelo, o Corano, da numerare per ogni versetto e poi citare come verità assoluta in ogni discussione su come agiscono la mente e la psiche umana quando si tratta di sport, ma non solo. Questo libretto dovrebbe essere distribuito a ogni corso per allenatori di un qualsiasi sport di squadra affinché se lo mettano sul comodino e ne leggano brani ogni sera. Sarebbe un modo fantastico per aumentare in modo drammatico le capacità degli aspiranti allenatori e per fare in modo che affrontino il loro difficilissimo compito nel migliore, direi quasi unico, modo possibile. Una delle cose che mi hanno più colpito è stato il modo nel quale ha descritto come si dovrebbe fare per far fare a un singolo sportivo il famoso salto di qualità. Modestamente quanto ha detto ha confermato quanto già sospettavo dopo averci pensato su dal primo momento in cui ho avuto in mano un gruppo di ragazzini da allenare. Detto in termini rozzi, sperando che Velasco mi scusi se semplifico al massimo un ragionamento estremamente complesso (quello che ha fatto lui), la cosa fondamentale è spronare ogni singolo giocatore a lavorare assiduamente sulle cose che gli riescono meglio e certamente non su quelle per le quali è meno dotato di altri, cioè fondamentalmente esattamente l’opposto di quello che si pensa in genere. Lavorando in questo modo il giocatore è particolarmente motivato e, quando alla fine riesce a fare correttamente una cosa per la quale è portato, fa un vero e proprio salto di qualità di tipo quasi quantistico che, oltre a lasciarlo soddisfatto e appagato, è anche automaticamente un analogo salto di qualità per il rendimento della squadra nella quale gioca. Se si fa l’opposto, oltre a demotivarlo e deprimerlo, non si ottiene esattamente niente di utile per la squadra. Affascinante anche la descrizione di cosa è il famoso spirito di squadra. Non c’entra un’emerita mazza con l’armonia e l’amicizia personale nello spogliatoio, ma con la creazione della consapevolezza nel gruppo che, se la squadra gioca bene assieme e grazie a ciò ottiene buoni risultati, è un bene per ognuno di loro in termini proprio personali. Eccetera. Ripeto, un vero e proprio Vangelo che tutti dovrebbero portare con sé e possibilmente imparare a memoria.

Passando a parlare un po’ di basket mi ha molto incuriosito l’ultimo commento di Llandre sul gioco di Oklahoma City. Ovviamente l’ho preso molto con le molle, viste le sue ataviche inclinazioni nei confronti del basket NBA (per l’amor di Dio, almeno su questo blog smettetela con i panegirici su Jokić!), ma penso che lo stesso guarderò un po’ quella squadra, perché ho anche un po’ di interesse personale nel vedere come gioca. Al momento del “leggendario” draft che ha portato Wembanyama a San Antonio mi ero messo a pensare che come DS di una qualsiasi squadra dell’NBA avrei mantenuto il mio posto per massimo qualche minuto, visto che io avrei scelto sempre, anche sotto tortura, Holmgren prima di Wembanyama, convinto come ero che fosse un giocatore infinitamente più utile per un qualsiasi gioco di squadra che potesse essere definito con questo nome. E ciò malgrado fosse brutto e sgraziato, molto poco telegenico per qualsiasi tipo di spettacolare highlight (la specialità indiscussa di Wemba). E dunque ora vorrei proprio vederlo giocare e vedere se avevo un po’ di ragione.

Aspettiamo ora le finali di Eurolega con due partite che onestamente non riesco proprio a leggere, nel senso che non riesco a capire cosa potrà decidere a favore di una o dell’altra squadra. Fenerbahce-Panathinaikos dipende secondo me da come giocherà la squadra greca, concretamente da cosa farà Sloukas che nella serie contro l’Efes (bravo Banchi! – peccato che Larkin abbia abbastanza cannato proprio nei momenti decisivi) non ha brillato, anzi. Se gioca come sa, ma soprattutto se i greci recuperano, magari solo per qualche minuto anche per ovvi motivi psicologici, Lessort, allora penso che siano loro i favoriti. Anche Olympiacos-Monaco sfugge a qualsiasi pronostico. I greci sono sicuramente, a livello di squadra, migliori e più completi, ma se a Spanoulis riesce il definitivo trapianto di cervello a Mike James che nei finali di partita della serie dei quarti ha giocato per lunghi periodi a vero basket (poi ogni tanto impazziva e faceva qualcuna delle sue, ma non si può avere tutto dalla vita), allora potremo vederne veramente delle belle. 

Campionato italiano: se pensate che mi sono sbrodolato vedendo Trieste vincere gara due a Brescia, allora proprio non capite cosa io intenda per basket. Che certamente non è quello che gioca Trieste. Chiaro, se imbuchi il 50% di triple, allora vinci, ma con le bombarde dalla distanza si vincono singole partite, non certo le serie. A proposito avete visto il quarto quarto di gara due fra Trento e Milano? Una specie di comica finale che mi ha fatto scompisciare dalle risate. Per chi non l’avesse visto ricordo solo che dopo sette minuti dell’ultimo quarto il parziale era di 8 a 5 per Milano con medie al tiro che mi ricordavano una nostra mitica partita di Prima Divisione contro La Talpa (dove come centro giocava il nostro futuro sindaco Cosolini) finita 39 a 27 (per noi!). E invece alla fine Trento, dopo una partita totalmente inguardabile, nel senso che è stata letteralmente inqualificabile, ha vinto con un tiro sbilenco allo scadere da quasi metà campo palesando un fondo schiena di proporzioni galattiche. Canestro che però ricorda a tutti noi che alla fine il basket è un gioco, e per quanto ti sforzi e pratichi sistemi sofisticati, alla fine serve, e come, anche (e soprattutto) il culo.

Finendo con il basket un piccolo pensierino che mi è venuto spontaneo domenica scorsa a pranzo a Marano Lagunare, dove ho avuto una presentazione, ma soprattutto una magnifica accoglienza. Quando mi hanno chiesto che tipo di basket guardassi ancora, ho risposto: “Facile. Comincio guardando cosa fanno i giocatori in campo. Se una guardia batte il suo uomo e penetra in area e guarda verso il canestro, allora continuo a guardare. Se invece guarda verso le linee laterali per scaricare a qualcuno per il tiro da tre, mentre magari davanti ha un’autostrada, allora cambio immediatamente canale”. Pensandoci poi più a fondo sono arrivato alla conclusione che si tratta proprio di una simpatica, ma soprattutto giusta, maniera per guardare le partite di oggidì. Ai benpensanti di basket consiglio di tenerla a mente quando si accingono a guardare una partita, perché mi sembra azzeccata.

E per finire sarebbe anche ora di parlare della prossima sconvenscion. Un paio di mesi fa il capitano della mia primissima squadra (e poi per anni anche dello Jadran) ha fatto una grande festa per i suoi 70 (!) anni in un agriturismo a Tomaj (Tomadio ai tempi dell’Italia), paese a 3 km dal mio paese avito (Dutovlje). Ma soprattutto a non più di 10 minuti di macchina dal confine italo-sloveno di Monrupino. Lì fanno tutto in casa e hanno dei prosciutti e delle pancette clamorose in una cantina che sembra una vera e propria caverna del tesoro. A tavola fanno solo cose nostrane della regione, abbastanza strane, ma buonissime. Il problema è che normalmente fanno da mangiare solo a coloro che soggiornano da loro e per gli esterni bisogna prenotare molto prima e in gruppi numerosi. La buona notizia è che se qualcuno fra voi volesse trascorrere un paio di giorni in un ambiente magnifico e bucolico (hanno turisti fissi che arrivano ogni anno da molti paesi, dall’Italia alla Cechia) potrebbe unire l’utile al dilettevole prendendo parte sabato alla sconvenscion e contemporaneamente fare un paio di giorni di eccellente turismo. Dopo un consulto con Walter Fraccaro abbiamo convenuto che sabato 21 giugno sarebbe l’ideale ma, come potete arguire, la preparazione logistica andrebbe fatta con molto anticipo, per cui dovrei sapere abbastanza presto come stanno le cose. Se qualcuno vuole contattare l’azienda, si chiama Škerk (o Škerlj, cambia poco, si trova facilmente su Internet) e, per la cronaca, il proprietario e produttore è il fratello del parroco del paese, per cui già questa è una garanzia che il luogo è gestito da gente che da secoli sa come si mangia e si vive bene.