Intanto un grazie a tutti voi che avete preso parte all’ultima sconvenscion. Spero che abbiate passato una bella giornata. Non eravamo purtroppo in tanti, ma buoni di sicuro. A questo proposito spero che riusciate a contattarvi per alla fine decidere quale potrebbe essere il periodo migliore per la sconvenscion autunnale, così che possiamo ritrovarci nel maggior numero possibile.
Come prima cosa fare un po’ di chiarezza su un tema molto delicato: le discussioni politiche, o per meglio dire i confronti sulle diverse visioni del mondo che abbiamo fra noi pur rispettandoci e tutto sommato anche volendoci bene, che in questi ultimi tempi, almeno per me che in fin dei conti sono il titolare di questo blog, hanno preso una piega che mi ha profondamente sconvolto. In Slovenia (non so in Italia) nelle pagine dei giornali dedicate alle opinioni c’è sempre un asterisco alla fine di ogni pezzo che ricorda che quanto scritto riflette le opinioni personali dell’autore del testo, opinioni che possono anche essere diverse dalla linea ufficiale del giornale stesso, per cui il giornale non è responsabile di quanto affermato nel pezzo. Mai precisazione fu più giusta in questo caso, in quanto la linea editoriale, cioè quella mia, visto che sono il solo proprietario (?) di questo blog, è sempre più in stridente contrasto con quanto emerge dai commenti in calce.
Siete tutti bravissime persone, esattamente all’opposto del classico troll da chat, per cui avete tutto il diritto di esprimere le vostre opinioni e continuerete ad averlo, ce ne mancherebbe altro, ma sappiate che siete sempre più agli antipodi rispetto alle opinioni del sottoscritto. Per esempio: mi domando perché di grazia gli interessi strategici della Russia dovrebbero automaticamente prevalere su quelli di tutti coloro che stanno loro attorno. Forse perché sono smisuratamente più grandi e popolosi? Dunque vale la legge della giungla per la quale il più forte ha ragione a prescindere da quello che ne pensano gli altri. E quindi il più forte può invadere un paese straniero con la scusa che una volta era suo (sì, Israele ha fatto lo stesso con gli arabi palestinesi, dunque potete immaginare quanto mi sia simpatico, solo che non bisogna dirlo, perché se no ti tacciano di antisemita – non sarebbe l’ora di smetterla con questa scusa?) solo perché lui può e gli altri no? C’è qualcuno che si sia chiesto la cosa più importante e per me decisiva: cosa vogliono essere gli ucraini? Vogliono essere russi o per conto loro? Non capisco: non toccherebbe a loro decidere cosa vogliono essere e non a qualcun altro solo perché ha “interessi strategici”? Mi spiace, ma soprattutto come esponente di un popolo che è sempre stato schiacciato e sottomesso nella sua storia dai suoi potenti vicini, leggi italiani, tedeschi e ungheresi, solo perché ha avuto la brutta idea di insediarsi su un territorio dal grande valore strategico quale porta fra nord e sud e est e ovest d’Europa, è un’idea che semplicemente aborro e che neanche sotto tortura potrà vedermi d’accordo. Altra cosa: ebbene sì, i paesi confinanti, appena hanno potuto, hanno chiesto, anzi implorato, di poter entrare il prima possibile nella NATO conoscendo i loro vicini che, appena possibile, avrebbero fatto di tutto per ripristinare il vecchio Impero russo, quello che l’odiatissimo Gorbačov (l’unico dopo Pietro il Grande a pensare che i russi potessero diventare un popolo “normale”) aveva proditoriamente smantellato. I paesi baltici hanno sperimentato secoli di occupazione imperiale nei quali i russi si sono insediati senza alcuno scrupolo nei loro territori senza neanche prendersi la briga di tentare di entrare in contatto con la gente locale, per esempio magari dopo un paio di generazioni imparando la loro lingua, il che è patentemente la prova più ovvia del loro sentirsi superiori (la lingua batte dove il dente duole: esattamente quello che hanno fatto gli italiani con noi: ciò s’ciavo, parla talian che te capisso!), e dunque è solo ovvio, e ne sono direttamente testimone avendo parlato con molta gente di quelle terre, che guarda caso sono molto forti nel basket, che abbiano sviluppato un odio smisurato nei confronti di tutto quello che sa di russo, per cui, per non essere russi, si alleerebbero anche con Marte. Aggiungiamoci i finlandesi che en passant si sono visti decurtati della Carelia, sempre per “interessi strategici”. Vogliamo parlare dei polacchi, tipo ricordando Katyn o la rivolta di Varsavia nel 1944, nella quale i russi, accampati in periferia, lasciarono senza battere ciglio che i tedeschi facessero una strage, solo per nominare gli eventi più recenti? O ancora di ungheresi e cecoslovacchi, invasi senza problemi quando avevano incautamente pensato che a casa loro fossero loro i padroni? E per favore non cominciate con la classica solfa: sì e allora gli americani? Cosa cavolo c’entra? Un Impero che si ritiene tale e Stati Uniti e Russia, ebbene anche la Russia, lo ritengono, si comportano in modo imperiale e sono ambedue esattamente sullo stesso, identico, medesimo, vomitevole e stomachevole piano.
Ma la cosa che più mi ha scioccato è stato il sarcastico commento di pado sulla deterrenza nucleare. Ebbene sì, sono perfettamente convinto che la straordinaria fortuna che ho avuto di essere in questo momento fra i più anziani abitanti della terra che non abbiano mai avuto a che fare con una guerra vissuta in prima persona (da soldato, intendo) la devo al fatto che esiste la deterrenza nucleare. Avevo 12 anni quando ci fu la crisi dei missili sovietici a Cuba con il blocco navale messo in piedi da Kennedy per fermare le navi sovietiche che stavano navigando verso Cuba portando i materiali per costruire la base. Voi non eravate neanche nati, per cui è difficile spiegare l’angoscia che provavamo minuto per minuto mentre si avvicinava sempre più il momento dell’inevitabile scontro che avrebbe portato a una sicura guerra globale. Per fortuna prevalse la consapevolezza che una guerra che prima o poi sarebbe diventata inevitabilmente nucleare sarebbe stata la fine dell’umanità e, anche se di nascosto, Kennedy e Hruščov trovarono in extremis un compromesso che salvò la faccia ad ambedue, ma soprattutto evitò uno spaventoso olocausto mondiale. Fu quell’esperienza che rese tutti consapevoli che era meglio evitare confronti nucleari e questo ha in qualche modo, ma senza ombra di dubbio, reso il mondo un tantino più sicuro. Anche quando le potenze nucleari si sono trovate di fronte una all’altra non si sono mai esposte più di tanto, anche se ovviamente di casini ne hanno combinati non pochi, però sempre, guarda caso, contro gente che l’atomica non ce l’aveva. Inutile: più passa il tempo e più mi convinco che il mondo sia di base cattivo, stupido e egoista, per cui vale sempre e comunque la legge che comanda chi ha la clava più grande. E l’unico equilibrio possibile è quando tutti hanno a disposizione una clava letale. Non sarebbe meglio se nessuno avesse una clava, così tutti vivremmo in pace? Scusate, ma a Babbo Natale e a Biancaneve ho smesso di credere da piccolo. Mettiamola così: nessuno ha una clava. Uno maligno ne costruisce una di nascosto. E sottomette tutti gli altri. Gli altri, per difendersi, devono a loro volta dotarsi di clave, per cui si ritorna all’inizio. Quello che voglio dire è che basta uno, uno solo, malintenzionato per far cadere tutto il magnifico sistema di fratellanza universale. Per cui a questo punto sì, mi dispiace, ma l’unica cosa che mi rende più o meno ottimista sul fatto che non ci siano guerre è che tutti siano in grado di difendersi in modo tale che qualsiasi idea che uno si possa fare di fare una guerra che lo veda vincitore gli passi subito.
Sommando: come vedete la linea editoriale dell’autore del blog è perfettamente opposta a quella prevalente fra i miei commentatori, per cui rimane in vigore l’avvertimento che le opinioni personali dei commentatori non rispecchiano (proprio per niente) la linea editoriale, per cui l’”editore” non si assume alcuna responsabilità su quanto si legge nei commenti. E a proposito di commenti: ringrazio Alpi per il suo commento sul mio libro. Ma devo rispondere alle sue considerazioni finali. Niente da dire su Saljnikov, ho sbagliato io e accetto la puntualizzazione. Sulla questione geografica un tantino mi impunto. La geografia politica è uno dei miei pallini già da piccolo, per cui quando qualcuno mi fa un appunto in merito mi indispettisco non poco. So benissimo che l’Olanda è una regione dei Paesi Bassi, ma so anche che in campo soprattutto sportivo vige da sempre la semplificazione che confonde Paesi Bassi e Olanda. Così nessuno dice: “I Paesi Bassi dei miracoli di Cruyff”, ma la grande squadra degli anni ’70 è da sempre identificata come la Grande Olanda di Cruyff, Neeskens, Suurbier, Krol, Van Haneghem eccetera. Mi sono semplicemente adeguato. Tutto qua proprio per non voler fare a tutti i costi lo snob che cerca peli nelle uova. Sulle vene dei polsi sono letteralmente caduto dalle nuvole. “Fa tremare le vene dei polsi” è un modo di dire sarcastico ormai usato largamente e non credo che qualcuno sappia che è la storpiatura di un verso di Dante. Io non lo sapevo. Anche questa, Alpi mi scusi, mi sembra tanto la ricerca del pelo nell’uovo a tutti i costi.
E finalmente parliamo di sport. In breve basket: dopo aver goduto per l’insperato bronzo della Slovenia ai Mondiali Under 20 ho provato anch’io a guardare la finale dell’Europeo Under 19 fra Italia e Lituania (che aveva dato 30 alla Slovenia di Jan Vide), ma le immagini inesistenti mi hanno impedito di vedere qualsiasi cosa, per cui mi fido di quanto voi dite. Finora però in quest’estate ho avuto la fortuna di farmi un vero e proprio clinic sul carattere di vincente che deve avere un campione, ma anche sul comportamento dei perdenti nati. Primo caso: Jannik Sinner. Come avevo temuto scrivendolo nel post precedente la sconfitta contro Alcaraz al Roland Garros dopo aver mancato tre match point sul 2 set a 0 per lui ha lasciato i suoi strascichi. La sconfitta senza combattere a Halle e i primi due set a Wimbledon contro Dimitrov, giocati in modo orribile, ma soprattutto con lo sguardo spento e nessun vero tentativo di reazione, erano un bruttissimo segno. Per fortuna la sorte è venuta a dargli una mano in modo decisivo. Dimitrov si è spaccato, si è dovuto ritirare e Sinner ha vissuto la classica esperienza del miracolato, non solo, ma ha avuto anche l’alibi dell’infortunio all’avambraccio. Tutto questo ha fatto sì che nei quarti contro Shelton abbia giocato leggero, della serie tanto ero già eliminato, non sono al meglio, per cui mi diverto e vediamo cosa succede, ritrovando per incanto l’equilibrio e la fiducia nei suoi mezzi. Cosa che si è vista nelle due straordinarie prestazioni sia contro Đoković e Alcaraz, partite nelle quali bastava guardarlo in faccia e interpretare il linguaggio del corpo per capire che non avrebbe mai e poi mai potuto perdere contro qualsiasi essere umano terrestre.
L’altro esempio viene dal ciclismo. Al Giro d’Italia il messicano Del Toro, in piena lotta per la vittoria, nell’ultima tappa vera lascia scappare Simon Yates perché comincia a bisticciare con Carapaz: tira tu che tiro io, quell’altro scappa, trova Van Aert per strada e vince il Giro. Del Toro poi col sorriso sulle labbra vince una inutilissima volata e si compiace di essere arrivato secondo. Se questo non è un perdente nato ditemi voi chi lo è. Un campione vero vuole vincere sempre e arrivare secondo vuol dire essere il primo dei perdenti e dunque un campione vero avrebbe lasciato stare Carapaz, sarebbe corso dietro a Yates, magari sarebbe morto per strada, ma avrebbe tentato. Poi arrivare secondo o quarto non avrebbe dovuto fregargli di meno. Un campione vuole vincere sempre e comunque, di secondi posti non ha bisogno, anzi li odia di tutto cuore. Poi c’è stato il Tour con lo spareggio fra i due marziani. Perché spareggio? Perché due anni fa Pogačar era reduce dalla frattura dello scafoide con conseguente perdita di tempo per la preparazione e dunque era morto nell’ultima settimana, mentre l’anno scorso era stata la volta di Vingegaard di arrivare impreparato causa la rovinosa caduta ai Paesi Baschi e successivo spegnimento nella terza settimana. Quest’anno invece i due erano al massimo e non c’erano alibi. Pogi è stato fenomenale nelle prime due settimane, i due hanno lasciato in montagna gli altri a raccogliere le briciole, ma sulle Alpi è successo che Pogi avesse già 4 minuti e mezzo di vantaggio. Toccava ovviamente al danese di attaccare se voleva vincere il Tour, e invece è successo che nel tappone del Col de la Loze, prima della salita finale con i migliori in testa siano scattati in tre con Pogačar che si volta verso Vingegaard con l’aria di quello che dice: “E allora li andiamo a prendere?”, ma il danese rimane a succhiargli le ruote. Lì ho pensato cosa potesse essere passato per la mente a Pogi: “Scusa bello, ma quello che ha quattro minuti e mezzo di vantaggio sono io e tu allora come pensi di vincere il Tour se mi stai a ruota?” e mi sono detto che un atteggiamento del genere della concorrenza non poteva che imbestialirlo, perché allora dove è il divertimento di lottare per la vittoria se mi stai sempre a ruota e non fai niente? E’ un tradimento dello sport. E infatti all’arrivo Pogi aveva un diavolo per capello e pareva disgustato. Domenica si chiude il Tour con la magnifica ultima tappa da straordinaria classica con la salita a Montmartre. Piove e l’organizzazione decide di prendere i tempi prima dell’inizio degli ultimi tre giri con la salita, per cui il Tour formalmente si chiude a 51 km dall’arrivo. Guarda caso Vingegaard si stacca e arriva con il gruppetto, mentre Pogi va in testa, si diverte, ingaggia una magnifica lotta con Van Aert e fa divertire tutta la folla oceanica che, malgrado il tempo da lupi, ha inondato le strade di Parigi, poi stremato da tre durissime settimane deve arrendersi, ma arriva comunque al traguardo sorridente e felice. Fra i due chi è il vincente nato e chi il perdente altrettanto nato? Risposta troppo facile.
A proposito di vincenti nati: mi affascinano sempre Martinenghi e Ceccon che ascolto sempre con enorme piacere perché la loro “vincitudine” sprizza praticamente da ogni parola che dicono. Sono bellissimi mondiali che ci sarà modo ancora di commentare. Per ora mi è piaciuta la prima giornata con l’effetto Trump che si è abbattuto sulle due staffette USA, ambedue battute dall’Australia con quella maschile che ha perso anche contro l’Italia (l’ultimo frazionista fra l’altro si chiamava Kulow – avete anche voi pensato a quello che ho pensato io?), ma ripeto, avremo ancora modo di parlarne.