Innanzitutto un grazie di cuore a tutti quelli che sono venuti in numero assolutamente superiore ad ogni rosea previsione a seguire le presentazioni che ho fatto a tamburo battente lo scorso fine settimana. Devo onestamente dire che gli apprezzamenti di stima e di affetto che mi sono stati rivolti mi sono stati particolarmente graditi (perchè fare gli ipocriti?), tanto che a volte mi chiedo se sarò capace di mantenerli, visto che di stupidaggini ne commetto spesso e volentieri. Speriamo rimangano impunite.

Sono tanto buono che aggiungo che stavolta i commenti sull’ultimo post mi sono molto piaciuti (a parte il numero un pò esiguo, ma forse non c’era più tanto da aggiungere), perchè stavolta sono stati centrati in pieno, nel senso che sono stati strettamente collegati col tema in discussione. Commentando i commenti aggiungerei comunque qualche cosa: intanto mi dispiace essere in disaccordo con l’amico Roda, soprattutto dopo il principesco trattamento che ha riservato a me e Tommaso a Vicenza, e col fedele Andrea (Go), perchè è mia ferma convinzione che il basket ''non'' sia sport di contatto. Gli sport che si possono definire tali sono per me quelli che il contatto lo cercano, mentre gli altri tentano di evitarlo ed il contatto è un male, diciamo così, necessario ed inevitabile e dunque tollerato. Esempi: a parte ovviamente gli sport marziali e la boxe, parlando di sport di squadra è solo ovvio che il rugby ed il suo derivato americano siano sport di contatto, proprio perchè il placcaggio è istituzionalizzato ed è parte fondamentale del gioco stesso. Passando ad esempio all’hockey su ghiaccio, già qui cominciano ad affiorare i primi dubbi, per quanto sia visto nell’accezione comune come uno sport violento. Il bodycheck è sì istituzionalizzato ed è parte fondamentale del gioco, ma già questo sport fa importanti distinzioni, tanto che i falli che possono essere generati dal contatto sono tantissimi: il tripping, lo slashing, il crosschecking, lo high sticking per non parlare del charghing o dell’unnecessary roughness (leggi rissa). Guarda caso, tutti falli che sono generati dall’uso improprio di mani e braccia e della loro protesi, il bastone. Gli altri sport di squadra, tolta ovviamente la pallavolo che vede le due squadre disposte su lati opposti del campo, o il baseball (però… e le corse in base con l’eliminazione al tocco della palla?), sono sport che prevedono il contatto solo come inevitabile conseguenza del fatto che le due squadre si affrontano sullo stesso terreno, ma i contatti stessi sono tutt’al più tollerati, quando non sono proditori. Calcio in primis, fra l’altro. Il basket fa indubbiamente parte di questa categoria, tanto più per la sua genesi e la sua filosofia di base, visto che è nato come sport di allenamento invernale per sport estivi e dunque lo stesso Naismith aveva escogitato uno sport dove la gente non corresse il rischio di farsi male. Certo, poi il basket ha preso un’altra strada, ma non credo che debba essere sottovalutato questo imprinting originario. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto"). 

Parliamo finalmente di regole ed arbitri. Non prima comunque di aver rimarcato, come anche giustamente dice un lettore, col giusto risalto l’ottima stagione del Krka che secondo me dimostra come avevano ragione i dirigenti dell'Olimpija quando chiamarono alla guida della squadra lo sconosciuto Džikić che si è rivelato un bravissimo allenatore. L’unico problema era che lo avevano chiamato troppo presto, quando evidentemente non era ancora pronto.

Negli anni mi si è attaccata la fama di essere uno che odia gli arbitri, anche perché provengo dalle file degli allenatori che, si sa, con gli arbitri vanno poco d’accordo. Ora, ferma restando la convinzione che gli arbitri siano un male necessario e che il primo compito loro è quello di rendersene conto, penso che la fama sia errata. Certo, con gli arbitri incapaci ed imbecilli e soprattutto presupponenti non sarò mai tenero, come del resto non lo sono mai stato con i giocatori appartenenti alla stessa categoria, ma che esistano anche arbitri molto bravi, ed alcuni anche bravissimi, ne sono fermamente convinto. Dirò di più: penso che la categoria abbia fatto nel mondo (in Italia no) un grosso passo in avanti, soprattutto da quando gli arbitri di Eurolega sono stati presi in mano da Rigas e parallelamente la FIBA ha messo a capo del loro settore tecnico Betancourt. Oggi penso che l’arbitraggio delle manifestazioni ULEB sia di livello non solo decente, ma che meriti la più ampia sufficienza. Certo, ci sono di bravi e di meno bravi, però l’impressione generale è che finalmente si sia raggiunta un'uniformità di metro, per cui uno sa sempre più o meno quello che lo può attendere. Il che è esattamente quello che si pretende dagli arbitri, che cioè amministrino lo stesso gioco che pratichiamo noi e che non vengano da Paesi alieni, come capitava una volta, dove il basket era uno sport che veniva interpretato in modo almeno peculiare. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto").

UDINE - mercoledì 9 marzo - ore 20

L’autore di “La Jugoslavia, il basket e un telecronista”, intervistato da Marco Ballico in un appuntamento sponsorizzato dall’hotel Suite Inn di Udine (anche per un ricordo dell’arbitro Bruno Quendolo), sarà ospite del Visionario, alle 20 di mercoledì 9 marzo, in Via Fabio Asquini per la presentazione del suo libro.

 

VICENZA - venerdì 11 marzo

 

Sergio Tavčar presenterà per la prima volta in Veneto il suo libro venerdì 11 marzo alle ore 18.30 presso l'Aula Magna dell'I.I.S.S. Bartolomeo Montagna a Vicenza, in via Mora 93. L'iniziativa è proposta da Marco Rodella con la collaborazione di Daniele Fattori e Bruno Carrer. Guarda la locandina dell'evento

 

TRIESTE - sabato 12 marzo

 

A Trieste Sergio Tavčar presenterà il suo libro presso la libreria Borsatti in via Amilcare Ponchielli al numero 3, il giorno sabato 12 marzo alle ore 17.30

Giusto un paio di righe per confermare che ci sono ancora, anche se attualmente impegnato con le telecronache dei Mondiali di sci nordico. Sport fra l'altro che mi piace tantissimo, perché lo reputo uno degli sport “veri”, di sofferenza e di capacità di sondare i propri limiti, dove la forza fisica si accoppia a quella mentale. Come il ciclismo, il canottaggio, l'atletica ed il nuoto stessi... tutti sport che sarebbero assolutamente meravigliosi, se solo non fossero state inventate tutte quelle pillole, pozioni, punture eccetera che fanno andare tutti come schegge trasformando una delle più nobili aspirazioni dell'uomo in un confronto fra case farmaceutiche ed in un continuo scontro fra guardie e ladri nella lotta a chi è più furbo ed a chi frega chi. Se comunque uno, in un impeto di ingenuità e di atteggiamento da struzzo che mette la testa sotto la sabbia, riesce per un istante a dimenticare tutto quello che c'è dietro, allora veramente può godere nel seguire questi sport, in realtà quelli più di base, assieme alla ginnastica, che ci possano essere e che loro soli mettono l'uomo di fronte a se stesso. Quanto è bello seguire sport dove a decidere sono solo secondi e centimetri e non arbitri o fortuna o regole strambe. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto").

Dedicato a chi pensa che nel basket vince chi salta di più

Niente da fare: volevo scrivere oggi qualche riflessione sulle regole, e soprattutto sulle interpretazioni che di esse danno gli arbitri, con ciò condizionando in modo decisivo il tipo di gioco che si pratica oggigiorno (va da sè che, non piacendomi per niente il tipo di gioco che si pratica, le critiche si sarebbero sprecate), ma sono stato sopraffatto dal richiamo all'articolo citato nell'ultimo commento.

Lascio stare, non essendo assolutamente edotto sulla situazione politica interna del basket italiano, ogni accenno al personaggio di cui si tratta in quanto tale, alle cose che fa, eccetera, perchè anche onestamente non potrebbe fregarmene di meno, ma voglio invece agganciarmi al merito della questione, e cioè su come deve essere trattato il basket da chi lo commenta in TV. Per iniziare una breve confessione: quando ricevo posta o parlo con gente che mi ha ascoltato, o in qualche modo mi ascolta ancora, e che, bontà sua, apprezza il mio modo di fare le telecronache, non c'è complimento che mi lusinghi di più di quando uno mi dice di essersi avvicinato al basket, tralasciando magari qualche altro sport che praticava all'epoca, seguendo le mie telecronache su TV Capodistria. Vero o falso che sia, sia una cosa carina detta in faccia per apparire cortese, mentre in effetti la sua opinione su di me è magari totalmente opposta, la cosa stessa che lo dica mi produce enorme soddisfazione. Per dire che ritengo assolutamente preponderante su qualsiasi altra considerazione il fatto che un telecronista debba essere innanzitutto un ambasciatore dello sport che propone. Tanto più per uno come me che proviene dal mondo del basket, che ama il basket visceralmente, e che vorrebbe che dovunque il basket fosse come in Lituania (o in Slovenia, se è per quello), cioè lo sport nazionale, il primo al quale si dedichi un ragazzo (o ragazza, non bisogna mai dimenticarlo) quando intraprende un'attività agonistica. Anche per questo, penso, le mie pur numerose telecronache in passato di pallavolo non se le ricorda più nessuno, visto che proprio non ho mai potuto trasmettere verso quello sport un amore che assolutamente non ho, considerandolo più o meno alla stregua di quanto faceva Aldo Giordani, che lo chiamava a scelta ''palla avvelenata'', o se era magnanimo, ''palla schiacciata'' (o, come disse un mio amico durante una diatriba con dei pallavolisti: ''tacete voi che l'unico movimento che fate, lo fate per regolamento ad ogni cambio palla''). [Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto"]

Per oggi solo un breve ricordo di Cesare Rubini. Quando si pensa a lui viene spontaneo accettare l'idea di coloro che affermano che l'umanità si divide in due categorie: quelli che sono nati per comandare e quelli che sono nati per obbedire. Che Rubini fosse nato per comandare lo si capiva subito, in modo quasi extrasensoriale, emanava un fluido che ti metteva immediatamente in soggezione e non osavi neanche pensare di contraddire qjuanto andava dicendo, anche se magari non eri del tutto d'accordo. Io ho avuto la fortuna di conoscerlo e di parlarci più volte, anche perchè, lo dico con orgoglio, mi aveva preso in simpatia per le mie telecronache di basket che gli avevano fatto capire che in realtà la mia visione del basket e dello sport in generale coincideva perfettamente con la sua, e che cioè lo sport è fatto come prima cosa da uomini e poi da atleti. Se uno non è uomo non potrà mai essere atleta (o professionista in qualsiasi campo di tutte le possibili attività umane) di vertice. Uno dei momenti che ricorderò con il massimo piacere fu quando Rubini presenziò ad un clinic che si teneva a Cervignano (mi pare), organizzato da Massimo Piubello, nel quale parlai del basket dell'ex Jugoslavia e delle ragioni per le quali era tanto forte, spiegando anche per la prima volta la mia teoria del divertimento che gli spettatori dovevano ricevere dal seguire una partita, per cui i lunghi avevano il divieto assoluto di giocare la palla, visto che le gente aveva pagato il biglietto per vedere i funambolismi dei piccoli. E che proprio per questo i lunghi jugoslavi erano tanto forti, in quanto dovevano sempre dimostrare di essere veri giocatori di basket, malgrado l'handicap (!) di essere tanto lunghi. Quando finii, Rubini mi si avvicinò e con uno dei suoi rari sorrisi mi disse: ''Tavčar, veramente bravo, rimani sempre un grande.'' Detto da Rubini fu il complimento più straordinario che abbia mai ricevuto, tanto che la scena ce l'ho sempre davanti agli occhi anche dopo tanti anni. Memorabile rimarrà anche il momento in cui, incrociatisi in albergo dopo una partita non propriamente easaltante della nazionale italiana a qualche Europeo, quando ne era il manager, mi disse una sola frase per poi non parlare più: ''Tavčar, ma ti rendi conto che questi qui non capiscono proprio un c...!'' (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")