Cose umane
- Scritto da Sergio Tavčar
Onestamente pensavo che ci sarebbe stata più gente alla nostra riunione conviviale di sabato scorso. Però pensando bene la mia previsione era ovviamente campata in aria. Solamente quelli sfegatati oppure semplicemente quelli abbastanza vicini da non doversi sorbire scarrozzate terribili nell'afa estiva potevano essere presenti ad un raduno di amici senza rimborsi spese, senza che il padrone di casa offrisse nulla (se non, lasciatemi essere patetico, eterna gratitudine ed amicizia). Una trasferta cioè completamente in perdita che uno, a mente fredda, non vede proprio perché qualcuno dovrebbe sorbirsela. Per cui oltre ad Andrea-Go ed agli altri amici di Trieste, Franz in primis, la mia sempiterna gratitudine va a Roda con Davide, arrivati da Vicenza, ed al mio "segretario" Walter-wf2, venuto da Castelfranco, i quali, visto a posteriori, sono stati semplicemente squisiti a voler essere presenti.
Sempre visto a posteriori però secondo me il successo non avrebbe potuto essere maggiore, almeno per come io concepisco i rapporti umani. Inutile: sono uno ormai vecchio e sorpassato che pensa che avere amici voglia dire trovarsi davanti ad un (beh, più di uno...) bicchiere di vino con davanti un piatto sempre fresco di affettati a chiacchierare del più e del meno scambiandosi i rispettivi punti di vista su un numero sconfinato di argomenti, discutendo, animatamente magari, ognuno difendendo il proprio punto di vista, pronto però a cambiare opinione quando l'argomento dell'altro lo convince. Non tenendo in conto il fatto che più persone conoscono più cose in assoluto, per cui lo scambio anche di semplici informazioni sui rispettivi campi di competenza non può che arricchire le conoscenze ed in definitiva la cultura di ognuno di noi. Va da sé che il sottoscritto aborre, odia, visceralmente rifiuta i nuovi metodi di socializzazione che offre la rete, dei quali non vede un vantaggio che sia uno rispetto ai metodi comuni che l'umanità ha sempre usato da quando ha preso coscienza di sé. Per dire: già prima che fossero inventati gli infernali marchingegni moderni su Internet (per me inventati dalla Spectre per rimbecillire i giovani e non farli pensare) odiavo parlare al telefono se non per un asettico scambio di informazioni essenziali. Anche per questo mi rifiuto di avere un cellulare. Corrispondere non vuol certo dire scambiarsi battute scarne senza distinguo né approfondimenti, dire semplicemente mi piace o non mi piace. Interagire vuol dire per me essere uno davanti all'altro, parlare, fare gesti, guardare una persona negli occhi per capire se è veramente convinta di quanto sta dicendo o sta semplicemente recitando un copione, vuol dire tentare di provocarla sul momento nell'intimo per conoscerla meglio e poi decidere se considerarla un amico con cui confidarsi o semplicemente una persona che non ci interessa. Insomma per me la vita sociale consiste nell'andare fuori in due, quattro, in gruppo (ovviamente in dipendenza dal numero sono diversi anche le attese e gli scopi), parlare, fare cose, divertirsi, litigare magari, ma in definitiva stare con persone che ci piacciono è l'essenza stessa della vita e (assieme ovviamente alla famiglia, che rimane la cosa più importante al mondo) forse è anche la ragione principale per la quale vale la pena di essere vissuta. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto").
Tecnica-mente parlando
- Scritto da Sergio Tavčar
Ha vinto il Barcellona, ha vinto Miami. Cosa si può volere di meno nella vita in fatto di basket? Niente. En passant, ha vinto anche Siena, ma questo rientra nell'ordine naturale delle cose. Per cui mi riesce difficile parlare di basket, in quanto la delusione e la frustrazione che mi pervadono sono assolute, di tipo cosmico quasi, perché le cose vanno contro tutto quello in cui credo, e allora mi vengono in mente pensieri autodistruttivi, della serie, Sergio di basket ormai non capisci più un tubo, oppure il basket sta andando velocemente in malora, constatazioni ambedue che portano alla disperazione più totale.
Per fortuna sono arrivati almeno il sole ed il caldo, per cui il dolce far niente sdraiato al sole (Optschina Strand FKK) a ricaricare le batterie in vista delle prossime fatiche olimpiche sta raggiungendo livelli da trionfale apoteosi. Ed in più ci sono gli Europei di calcio che permettono tranquille serate davanti alla TV con la classica birretta ed i classici salatini a portata di mano. E proprio guardando il calcio l'altro giorno ho sentito il pur bravo commentatore della RAI (che non so chi sia, ma ogni tanto anche loro ne trovano incredibilmente uno capace) dire una cosa che mi ha dato molto fastidio. Premesso che aveva uno straordinario merito, e cioè quello di pronunciare i cognomi cechi in modo quasi corretto – inserto: per esempio la rž che io traslittero così non riuscendo a trovare sulla tastiera la r col segnetto sopra di Pilarž o Kolarž si pronuncia appunto rž e non solo ž, oppure Jiràček ha l'accento sulla a non perché ci vada l'accento nella nostra accezione, ma semplicemente per farla strascicare un tantino, in quanto le parole ceche hanno un po' l'accento su ogni sillaba, tipo coreano o giapponese, e dunque l'accento principale rimane sulla prima i, ma sono dettagli, l'importante è che non abbia detto Žiraček come avrebbero fatto tantissimi altri suoi più ignoranti colleghi – ad un dato momento ha detto che il Portogallo dominava la partita perché era evidente il predominio tecnico dei lusitani, in ciò corroborato dal commento tecnico di Collovati. Al che sono saltato offeso sulla poltrona, perché i nostri fratelli bravi e capaci che sono i cechi di tutto possono essere accusati in campo sportivo (principalmente, appunto essendo fratelli slavi, di avere poche palle), ma non di non avere tecnica. La cura dell'insegnamento tecnico è quasi assiomatica da quelle parti ed in tutti gli sport i cechi sono maestri assoluti di tecnica.
Lo fattore Q
- Scritto da Sergio Tavčar
Se non fosse per Sara Errani, che è stata la splendida eccezione, grazie alla sua intelligenza, coraggio e doti di vincente, sarebbe per me questa una settimana di delusioni su tutto il fronte, visto che sembra che in questo periodo a pagare siano in particolare la forza bruta, ma anche la fortuna più sfacciata. Scrivo mentre Federer ha appena buttato via il primo set contro Đoković, e se non bastasse la mia prima settimana di ferie se ne sta andando con un tempo infame, sempre nuvoloso, che mi impedisce di fare quello che tanto desideravo di fare, e cioè un bel tubo, sdraiato al sole a risolvere sudoku. Il mio umore è pertanto virante verso il nero pece. L'ultimo chiodo nella bara l'ha messa la grande prova di LeBron contro Boston che ha ovviamente scatenato la solita solfa di panegirici sul prescelto e così via. Voi sapete ovviamente come la penso in merito, per cui continuate a dire la vostra che io dico la mia. E' rimasta comunque accesa una fiammella, perché c'è sempre gara sette, nella quale esiste sempre la speranza che il buon Prescelto faccia quello che ha sempre fatto, e cioè cannare clamorosamente le partite importanti, quelle veramente importanti. Ma non era importante gara sei, senza ritorno? Certo che lo era, ma in questi casi normalmente subentra la condizione psicologica di chi non ha più niente da perdere, per cui cominciano ad entrare triple assurde, o se volete colpi sulla riga. Ripensando appunto a quel magnifico esempio di perdente nata che è Samantha Stosur. Perde il primo set, non ha più niente da perdere, stravince il secondo, inizia il terzo, quello decisivo per ambedue (attenzione! Bisogna prendere in considerazione anche questo fatto – per Boston perdere gara sei non era ancora esiziale), va sotto 0 a 3, di nuovo non ha più niente da perdere, arriva sul 3 pari, si dice, oddio, adesso devo vincere, e va in marasma. Un po' quanto le era successo due anni fa in finale contro la Schiavone. Evidentemente vincere Flushing Meadows l'anno scorso non le è servito. Ritornando a gara sette fra Boston e Miami la speranza è l'ultima a morire, però in realtà in questo momento non è che se la stia passando particolarmente bene, perché mi sembra che i miei Celtics (miei, perché facevo il tifo per loro già dai tempi di Bob Cousy e Bill Russell, per non parlare del mio idolo assoluto ed insuperabile di tutti i tempi, e cioè ovviamente Larry) stiano assieme con lo sputo e che proprio non ce la facciano più a stare in piedi. Se del resto l'uomo della Provvidenza per Boston deve essere Rajon Rondo, allora stiamo più che freschi proprio gelati. Per cui, anche se dovessero vincere (cosa che ovviamente spero con tutto il cuore, perché vorrebbe dire che Miami perderebbe, cosa che mi manderebbe al settimo cielo), penso che poi andrebbero al massacro contro Oklahoma che ha causato un'altra, anche se molto minore delusione della settimana, eliminando San Antonio. Tempo fa avevo fatto un commento su Zona Sport alla fine della regular season dell'NBA, nel quale ipotizzavo il futuro cammino dei playoff. Ho indovinato in pieno che Chicago non sarebbe andata lontano (facile, del resto) e poi avevo ipotizzato una finale Boston-San Antonio, dicendo che San Antonio avrebbe avuto ottime possibilità se i suoi vecchietti avessero avuto abbastanza fiato per reggere i ritmi dei playoff e che Boston poteva causare la sorpresa, essendo l'unica squadra all'Est che provava a giocare a basket. Ed in più ha in squadra dei vecchietti sì, che però hanno cominciato a giocare quando il basket era ancora tale e bastava che ricordassero quello che facevano da piccoli che avrebbero potuto superare il gap dettato dall'età e dalla strapotenza fisica degli avversari. Sempre secondo la vecchia regola che chi più sa giocare, meno fa fatica, facendo solo gesti atletici utili e necessari senza sprecare energie a fare cose rutilanti, ma irrilevanti. Ci sono andato abbastanza vicino e non ho centrato la previsione all'Ovest perché in effetti non credevo che gli Spurs fossero tanto a terra da morire durante la partita stessa, come è capitato sia in gara cinque che, mi raccontano, perché non ho avuto il coraggio di guardare la replica, in gara sei. Comunque in questo caso la delusione è molto minore, perché la sconfitta di San Antonio vuol dire che in finale c'è andato Durant e sarebbe solo giusto se a vincere l'anello fosse lui. L' unica cosa che mi disturba è che allora lo vincerebbe anche Westbrook, ma non si può avere tutto dalla vita. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
Mistero Buffo-n
- Scritto da Sergio Tavčar
Come state? Quanto tempo non ci sentiamo? Molto. Mi scuso. La settimana scorsa ero impegnato con le telecronache degli Europei di nuoto (quante volte ho detto che la testa è fondamentale? Meditate sul caso Pellegrini), per cui mi sono perso tutta una serie di partite di basket con la serie finale in Grecia in primis (ahimè, non ho visto proprio niente, perché erano a orari in cui ero in cabina di commento), con i playoff spagnoli in secundis, con l'NBA in tertiis e ad cetera, per continuare a fare il figo, con i playoff italiani. Mi sono rifatto un tantino in questi ultimi giorni, ma sono sicuramente ancora molte miglia dietro a voi che mi leggete e commentate, per cui lascio parlare a voi e semmai dirò qualcosa alla fine delle danze, sempre però tenendo conto del fatto che siete molto più informati di me, per cui qualunque cosa dicessi potrebbe anche essere una solenne baggianata. Fra l'altro in questi giorni mi sono anch'io lasciato un tantino contagiare dalla mania hockeyistica che ha pervaso la Slovenia col maxischermo in piazza a Hrušica (paesotto della Carniola superiore vicino a Jesenice) che a notte fonda segue le gesta del suo enfant du pays Anže Kopitar, impegnato con i Los Angeles Kings nelle finali NHL, per cui la mia attenzione nei riguardi del basket non è che sia proprio massima.
Lasciando dunque stare per ora il basket vorrei comunque dire qualcosa su quanto sta succedendo nel modo del calcio con l'ultimo (per ora) scandalo delle scommesse. Una riflessione insomma su quanto sta succedendo tentando disperatamente di sfuggire a qualsiasi tipo di retorica ed ipocrisia. Per cui chiunque sia in sintonia con la melassa "mainstream" che ci stanno ammannendo i vari media di tutti tipi (chissà come sono tutti unanimi...) si fermi qui e non legga avanti, perché quanto voglio dire è politicamente di una scorrettezza blasfema. Un po' maliziosamente annuncio pure che sono sì iscritto all'albo dei giornalisti della Slovenia, ma in Italia non sono nessuno, per cui nessun ordine può farmi niente, visto che non vi sono iscritto e dunque non faccio parte di alcun tipo di casta. E dunque posso dire e scrivere quello che voglio e che soprattutto sento. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
I campioni (dei) superlativi
- Scritto da Sergio Tavčar
Penso che sia mio dovere mettere subito un altro post principalmente per motivi tecnici, cioè per non intasare quello precedente con i vostri furiosi commenti, nel senso che è stata una valanga che rischia di incasinare tutto. Così almeno dividiamo un po' il tutto.
E già che ci sono non posso non ovviamente commentare i vostri commenti al mio commento. Prendetelo come il mio contributo alla lista dei commenti. Mai come stavolta infatti voglio partecipare anch'io alla discussione (già vedo la sconvescion...finché non ci butteranno fuori...).
Intanto first things first. Sono felice, veramente non c'è altra parola, che il mio amico Andrea Padovan, che forse non tutti sanno, ma è il bravissimo quanto sfortunato coach che si è visto squagliare la sua Falconstar sotto gli occhi senza che lui poverino c'entrasse nulla, abbia finalmente trovato il coraggio e la voglia di inserire il suo contributo. Spero solo che continui un po' più spesso, in quanto lui entra a pieno titolo nella ristrettissima cerchia di persone che stimo a tal punto che possono a suon di ragionamenti farmi cambiare idea su un qualsiasi argomento, e credetemi, ormai un po' mi conoscete, la cosa è al limite dell'impossibile. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
Pianto greco
- Scritto da Sergio Tavčar
Non so se sono più scioccato, deluso, meravigliato o incazzato nero dopo la finale di ieri dell'Eurolega. Io sono uno che in ogni sport ha sempre fatto il tifo per quelli che giocavano meglio. Volevo sempre che la giustizia sportiva trionfasse ed anche quando la mia squadra vinceva immeritatamente mi lasciava sempre un retrogusto amaro, come se in realtà non avessimo vinto, o meglio avessimo vinto solo sulla carta, ma non moralmente. Per questo mi piange il cuore per Andrej Kirilenko, uno che se ce n'è di giocatori meritevoli di vincere una Coppa Campioni, questo è proprio lui. E' da tempo immemorabile che non vedo uno che è una stella e che potrebbe comodamente comportarsi da tale approcciare una partita con una tale disponibilità a rendersi utile in tutti i modi, a fare tutti i lavori sporchi, a fare insomma assieme da gregario e da campione. E se poi penso che quest'anno ha abbandonato l'NBA proprio per vincere l' Eurolega ed ha avuto questo risultato dopo che lui ha fatto ben di più del suo dovere (ricordatevi che la semifinale l'ha vinta da solo) e poi in questo modo straziante, solo perché era circondato da imbecilli senza palle, allora veramente verrebbe da imprecare altamente al destino cinico, crudele e baro, ma soprattutto sommamente ingiusto.
Ma vi rendete conto di chi ha vinto l'Eurolega? Una squadra senza un centro vero (sì, Dorsey, giocatore di peso, modesto, capace di fare molti lavori ma non certamente di metterla in canestro), con Acie Law in regia (il suo palleggio sul piede con palla in out è stato uno dei momenti più esilaranti della partita), con tutta una serie di giocatori che non sono né carne né pesce, con lo stesso Spanoulis che è un classico giocatore da campetto, sopraffino, intelligente, tutto quel che volete, ma che pretende che la squadra giochi tutta per lui, nel senso che o fa quello che vuole, oppure non rende. E' bastato che un giocatore che, credetemi, non è certamente un campione, vedesse nel fine settimana tutte le Madonne del mondo, da Loreto a Lourdes a Fatima per finire con Međugorje, parlo ovviamente di Papanikolaou, per affondare una squadra che aveva un tasso tecnico di ben altra levatura. Se si vuole una sorpresa del genere entrerà nella storia del basket, ci faranno dei film, tipo quello della vittoria degli USA di hockey sull'URSS a Lake Placid (chissà perché al centro di queste storie nel ruolo di vittime ci sono sempre russi o comunque squadre slave), sarà una storia da raccontare per lustri a venire, ma ciò nondimeno rimane che il risultato di ieri è uno schiaffo al gioco del basket, inteso come intelligenza applicata al gesto tecnico ed atletico con annesso gioco di squadra. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
Cartoni Rossi
- Scritto da Sergio Tavčar
In attesa delle Final Four dell'Eurolega e delle fasi decisive dell'NBA (che per adesso non guardo ancora, per cui non chiedetemi nulla, perché proprio non so niente) non mi andava di scrivere di basket, e dunque non sapevo proprio di cosa scrivere.
Poi mi avete dato un ottimo spunto, alimentato dall'ormai mitico cartone di Delio Rossi al suo viziato giovincello che aveva avuto l'ardire di sostituire. Devo dire che sul momento non ci avevo riflettuto, sotto choc com'ero per l'incredibile cagata perpetrata dal più forte portiere del mondo che potrebbe privarci del meritatissimo scudetto della terza stella (scusate, ma come ho avuto più volte modo di dire: ci sono solo due cose sicure al mondo, una è che Elvis è ancora vivo e l'altra è che la Juve ha vinto 29 scudetti). L'argomento però è ghiotto e si presta a tutta una serie di considerazioni.
Intanto una premessa. Sta per parlare uno che in vita sua, fra le innumerevoli squalifiche subite nella sua carriera di focoso allenatore, ce ne ha una che è ancora gelosamente conservata e che mi arreca sempre un perverso godimento quando la riguardo, perché penso di essere in questo campo una specie di unicum. La squalifica recita: "L'allenatore della SS Polet Sergio Tavcar è squalificato per due turni per avere fisicamente infierito su un suo giocatore". La storia intera, per chi è interessato, sarà narrata alla sconvescion. Per ora basti dire che tanti anni fa ('78) giocammo uno spareggio a tre con la prima che passava dalla Prima Divisione in Promozione, cosa seria, visto che i campionati, rispetto a quelli di adesso, vanno scalati di una serie (allora non c'era ancora la B-2). Una partita al giorno in campo neutro, ma neanche tanto, visto che si giocava a Gorizia con una squadra del goriziano e due di Trieste ed infatti gli arbitraggi sospinsero letteralmente la squadra goriziana avanti. Noi giocammo proprio la prima partita contro i goriziani ed all'ennesimo fischio contro andammo tutti letteralmente fuori di testa. Alla fine, avendo perso di pochissimo (con qualsiasi altro arbitraggio avremmo vinto facile), feci alla mia abbattuta truppa un discorso che diceva pressapoco che avevamo perso la partita, ma non dovevamo perdere l'onore, per cui il giorno dopo, comunque andassero le cose, avremmo dovuto tenere un comportamento irreprensibile. Manco a dirlo il giorno dopo il mio play, un genio pazzo, andò in escandescenze, per cui, memore delle promesse, lo rincorsi per il campo per picchiarlo. Purtroppo mi sfuggì e mi beccai anche la squalifica. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
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