Blog Olimpico - 1
- Scritto da Sergio Tavčar
Cerimonia d'apertura. Dopo (poche) ore di sonno ed a mente più fredda non posso che dire che è stata splendida. Solo ad emozioni decantate mi è balzata alla mente l'idea di fondo di Danny Boyle, e cioè quella di una manifestazione altamente innovativa e soprattutto ironica, dissacrante quasi. Del resto c'era da aspettarselo dal regista di Trainspotting. Però il tutto fatto con estremo garbo. Ad un paio di segmenti altamente tradizionali (la storia della Gran Bretagna) ha fatto seguito una serie di segmenti sia socialmente impegnati (la violenta perorazione della causa del Servizio Sanitario Nazionale) che commoventi con la sequenza di personaggi immaginari tratti dalla sterminata produzione letteraria inglese di libri per la gioventù. Per finire con la parte "istituzionale" c'è stato lo splendido numero della carrellata sulla subcultura pop-televisiva, nel quale c'è stata l'esplosione della potenza creativa inglese con l'applicazione di una straordinaria potenza tecnologica, però non fine a se stessa. Geniale la casa della famiglia media trasformata in megaschermo per un montaggio fenomenale di sequenze di fiction e numeri musicali a ritmo frenetico, come solo gli inglesi, dai tempi di Richard Lester in poi, maestri ineguagliabili dei ritmi degli spot pubblicitari, sanno fare. E per mandare un chiaro messaggio ai cinesi di quattro anni fa, in questa sequenza è apparso l'inventore del WWW, come per dire: "guardate, mondo, se lo volessimo, in fatto di trucchi tecnologici non abbiamo da imparare nulla da nessuno, solo che lo vogliamo fare quando serve e non giusto per dimostrare quanto siamo bravi".
Poi però è venuta la parte protocollare che è stata il vero colpo di genio con tutta una serie di picconate alla melassa pseudoretorica che normalmente l'ammanta. Si è cominciato con Mr.Bean che ha demolito una delle sequenze più cult dei film sportivi, l'allenamento degli atleti britannici sulla spiaggia di St.Andrews in Momenti di gloria. Si è proseguito col fenomenale sketch della Regina Bond girl che sono sicuro diventerà a sua volta un cult assoluto che entrerà nella storia della comunicazione. Ed ancora: la totale dissacrazione dell'accensione del braciere affidata a sette anonime speranze dello sport britannico ponendo l'accento sul fatto in sé, e cioè l'accensione del braciere facendo finalmente passare in secondo piano l'ultimo tedoforo, in realtà insignificante, finendo con un tocco da maestro, la lettura dei discorsi in un ambiente di campagna sulla collinetta artificiale.
E, per non dimenticare l'interminabile parata, che dire del fatto che la gioventù moderna è sempre più "sana"? Ma avete visto, voi maschietti, quante straordinarie sventolone sono sfilate sotto le varie bandiere, di tutti i colori e razze? Da lustrarsi gli occhi. Sulle divise ingiudicabili quelle dei cechi, che volevano essere ironiche ed invece erano terrificanti, scioccanti quelle tipo "vintage" di Canada e Georgia col nome scritto sul petto (ma cosa volevano dire e rappresentare?), un po' preoccupanti quelle americane da Navy Seals in parata al 4 di luglio, ridicole quelle inglesi con la stagnola delle cioccolate Milka applicata su spalle e maniche. Per non parlare dei tedeschi con i loro colori da reparto maternità. Da questo punto di vista gli italiani continuano a dare lezioni a tutto il mondo, anche se a me piacciono un sacco i bellissimi costumi femminili delle varie delegazioni africane. Discorso a parte meritano i variopinti messicani che, a mente fredda, devo dire mi sono piaciuti.
Calma pre-olimpica
- Scritto da Sergio Tavčar
È tempo di Olimpiadi e le mie gare (quelle che commenterò) si svolgeranno tutte di sera, per cui avrò tutto il santo giorno per trovare il tempo di fare commenti flash su quanto succede (a parte domenica, quando sarò impegnato in un doppio commento, basket USA-Francia il pomeriggio ed il nuoto di sera). Da quanto mi pare di capire a voi che mi leggete una cosa del genere non dispiacerebbe, per cui tenterò una cosa che in realtà mi rivolta, e cioè quella di effettuare interventi brevi quasi alla tweet. Mi rivolta perché normalmente mi piace fare un discorso articolato con i distinguo necessari, ma tant'è, penso che sia comunque un esperimento che sicuramente arricchirà anche le mie capacità di parlare per sintesi ridotte all'osso.
Mi pare anche di capire che ad alcuni "aficionados" non dispiacerebbe fare una specie di sconvescion-bis in settembre. Se vi piace, possiamo già adesso metterci d'accordo. Chi c'era alla prima avrà sicuramente visto che le cose del genere sono quelle che mi piacciono di più, per cui non sarò certo io a tirarmi indietro.
In merito agli Europei Under20, e per finire con essi, non ho nessun tipo di problema a sciorinarvi il mio primo quintetto, non avendo infatti dubbi su quale sia stato. Play: Čižauskas della Lituania, sicuramente preferito al tanto strombazzato Westermann. Di quest'ultimo non si discutono le doti, quello che di lui preoccupa, e che mi sembra un difetto insormontabile, è la mancanza di continuità soprattutto nel tiro che più va che viene. Il lituano fra l'altro merita di più perché ha vinto la finale ed inoltre nella gestione del gioco, soprattutto contro le difese a uomo, mi sembra infinitamente più creativo del francese che gioca "modernamente", cioè a memoria. Vero è che contro la zonaccia francese si è perso, però se i compagni non la mettono nella vasca da bagno non può essere tutta colpa sua. Guardia: Prepelič della Slovenia, forse l'unica guardia tiratrice pura che abbia visto. Ha un solo problema: il fisico non proprio ferreo, ma confrontandolo con quanto faceva ancora alla fine della scorsa stagione, sembra molto migliorato, maturato direi, per cui se riesce ancora a migliorare sul piano fisico potrebbe diventare un ottimo giocatore. Fra l'altro non per caso è stato il leader nella classifica degli assist. Ala piccola: Abrines della Spagna, giocatore di cui solo vedendolo dal vivo si può apprezzare la suprema pulizia del gesto tecnico nel tiro. Avrà ancora moltissimo da lavorare soprattutto nei movimenti senza palla che per adesso sembrano carenti, ma il suo linguaggio del corpo sembra indicare un giocatore umile ed intelligente. Sarei molto meravigliato se col tempo non diventasse un giocatore che sposta importanti equilibri. Ala forte: Janis Timma della Lettonia, secondo me assoluto MVP del torneo, con giri di pista di distacco. Per come si muove in campo e per l'autorità che esercita sui compagni nonché per l'assoluta versatilità del suo gioco (dà l'impressione di saper tutto del basket) fa venire in mente paragoni al limite, se non oltre, del blasfemo, parlo ovviamente di Larry Bird. Sicuramente esagero e poi (visto anche che è lettone, dunque un po' tagliato fuori dal basket che conta) potrebbe anche non progredire, ma se c'è un giocatore europeo su cui attualmente il sottoscritto punterebbe ad occhi chiusi, questo è proprio lui. Ed infine centro: Gobert della Francia. Per essere francese è un giocatore senza fronzoli, ottimamente istruito, fisicamente più che a posto in fatto di statura e di doti sia atletiche che motorie in genere, per cui anche per lui il futuro si presenta luminoso. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
Parole giovani
- Scritto da Sergio Tavčar
"I miei standard personali sono ancora e sempre molto alti, per cui devo purtroppo constatare che questo europeo Under 20 ci ha messo in mostra ben pochi giocatori veramente promettenti. Mi rendo conto che la gioventù è oggigiorno diversa da quella di una volta e che le esigenze commerciali limitano il tempo dell'allenamento a favore di partite più frequenti. Però quello che mi disturba è l'atteggiamento dei coach nei confronti dei giovani giocatori. Non danno loro la possibilità di emergere, per cui abbiamo un mucchio di giocatori tutti uguali. Solo il numero di maglia ti permette di riconoscere l'uno dall'altro, perché per come giocano non puoi riconoscere nessuno dal suo tipo di gioco, dai suoi movimenti. Sembrano tutti fatti con lo stampino. L'esperienza però insegna che non puoi vincere le partite del massimo livello con cinque giocatori tutti uguali l'uno all'altro.
Inoltre gli allenatori non pretendono più che i giocatori portino le loro doti individuali al massimo livello possibile. Per cui vediamo lunghi che non sanno sfruttare i loro centimetri, vediamo piccoli che non sanno sfruttare la loro velocità. In genere oggigiorno la tecnica e la tattica individuale sono a livelli molto bassi. Dagli anni '90 del secolo scorso sono migliorate tantissimo le difese, ma perché di grazia non c'è stato progresso in attacco? Tutti giocano fino allo sfinimento solamente il pick and roll e ciò è veramente ridicolo."
Questa che avete appena letto è la traduzione letterale di quanto ha detto oggi in un'intervista al massimo quotidiano sloveno, il Delo, l'83-enne santone del basket ex-jugoslavo Ranko Žeravica, invitato da Božidar Maljković (uno dei suoi ovvi discepoli) a Lubiana alla fase finale dell' Europeo Under 20 per tenere un clinic per i giovani coach sloveni. È estremamente significativo che, a credere a quanto scritto dall'estensore dell'articolo, la prima penna del basket sloveno Eduardo Brozovič, il responso dei suddetti coach sia stato molto tiepido, della serie "chi è e cosa può insegnarci questo nonnetto?" (risposta spontanea: tutto, manica di idioti!). Se è vera, la cosa testimonia del triste fatto che si sospettava da tempo, e che cioè il basket sloveno sta andando nella direzione predominante in Europa, quella della decadenza più spinta e dell'imbecillità elevata a virtù. Per gli imbecilli di cui sopra una piccola scheda: Žeravica è stato coach della nazionale jugoslava dal '67 fino al '73 e poi ancora un paio di volte nell'occasione di grandi manifestazioni internazionali. Nel '67 mostrò un incredibile coraggio portando agli Europei di Helsinki una squadra di 18-19enni che terminò fra critiche feroci al settimo posto, ma che schierava giocatori praticamente sconosciuti quali Ćosić, Šolman, Simonović e Kapičić che poi avrebbero costituito l'ossatura della squadra dei fenomeni degli anni '70. A livello di club e stato dapprima il nume tutelare del Partizan, portando a Belgrado due giocatori quali Kićanović e Dalipagić e poi, a fine carriera in Jugoslavia, prese in mano la Crvena Zvezda, portando una squadra di talento mediocre due volte alla finalissima per il titolo, perdendo la prima contro il Cibona per un canestro di Nakić in gancio di sinistro negli ultimi secondi della partita decisiva (particolare che non riporto nel libro e di cui mi sono ricordato dopo) e la seconda, dopo aver eliminato il Cibona, contro il Partizan di Divac e Paspalj. L'interessante è che a suo tempo Žeravica era noto in Jugoslavia per essere il capo della fazione di coloro che pretendevano un gioco organizzato con le stelle al servizio della squadra e non viceversa, come propugnato dal capo della fazione opposta Mirko Novosel. Ed infatti finchè è stato a capo della nazionale non ha mai convocato Zoran Slavnić considerato troppo solista. Per cui sentire dalla sua viva voce queste parole che condannano in modo definitivo il basket attuale è ancora più significativo ed importante. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
Basket di 20 anni
- Scritto da Sergio Tavčar
Mi scuso per non aver scritto niente per lungo tempo, ma se lo spirito è forte, la carne è debole. Semplicemente mi pareva di non aver niente da dire. E così rispondo anche direttamente ad un vostro rimprovero, sul perché non mi faccio vivo più spesso. Se penso di avere un pregio, è quello che già da piccolo mi hanno insegnato di non aprir bocca con l'unico scopo di dare aria all'ugola, ed è dunque mia abitudine parlare solamente quando ho qualcosa da dire. Se non ce l'ho, sto zitto.
Devo comunque aggiungere, onestamente, che in questi ultimi tempi, oltre ad avere finito le ferie, per cui ho dovuto anche lavorare (vedi un po' cosa si pretende... dove andremo a finire?), ho guardato molto il Tour (che ci volete, già da piccolo seguivo il ciclismo per vedere cosa faceva Charlie Gaul, mio idolo assoluto) ed inoltre questa settimana c'è l'Open di golf, appuntamento imprescindibile. Purtroppo non ho potuto vedere nulla di basket, in quanto il torneo preolimpico è stato snobbato da tutti, per cui ho solo letto i risultati senza potermi farmi un'idea su nulla.
C'è però anche il campionato europeo Under20 di basket in Slovenia che noi di TV Slovenia abbiamo seguito praticamente dall'inizio, per cui questo fine settimana sono stato a Lubiana a seguire la fase finale con annessi commenti che chi può vedere TV Capodistria avrà sicuramente seguito (o no?). Sto scrivendo prima della finale fra Lituania e Francia, ma un piccolo commento penso che possa già farlo. Intanto l'Italia che ha avuto una serie impressionante di alti e bassi. Ha battuto due delle semifinaliste (quelle contro cui ha giocato), però a causa di pesanti sconfitte con due squadre non proprio irresistibili quali Turchia e Lettonia non è riuscita a qualificarsi neppure per i quarti. Purtroppo non l'ho vista giocare, vista la prematura eliminazione. Per quel poco che ho visto guardando spezzoni della prima partita persa contro la Slovenia mi sembra solo di poter dire che è una squadra assolutamente senza manico, non in panchina, perché Sacripanti non si discute, ma in campo. Le guardie possono cioè giocare ottimamente come infilare prestazioni totalmente rivoltanti. Sarò anche partigiano, ma a vedere le guardie italiane mi chiedevo cosa avesse meno di loro il nostro Borut Ban dello Jadran che era stato chiamato tempo fa salvo essere tagliato subito (gioca in DNC e non è nel giro dei procuratori che contano? L'avete detto voi...). Certamente quelli che hanno giocato hanno più fisico, però almeno di grazia Borut sa giocare a basket, cosa che mi sembra molto dubbia (eufemismo) per il reparto schierato agli Europei. Sarò all'antica, ma avere in squadra almeno una guardia che sappia cosa ci sta a fare non mi sembra mai una brutta idea. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto").
Cose umane
- Scritto da Sergio Tavčar
Onestamente pensavo che ci sarebbe stata più gente alla nostra riunione conviviale di sabato scorso. Però pensando bene la mia previsione era ovviamente campata in aria. Solamente quelli sfegatati oppure semplicemente quelli abbastanza vicini da non doversi sorbire scarrozzate terribili nell'afa estiva potevano essere presenti ad un raduno di amici senza rimborsi spese, senza che il padrone di casa offrisse nulla (se non, lasciatemi essere patetico, eterna gratitudine ed amicizia). Una trasferta cioè completamente in perdita che uno, a mente fredda, non vede proprio perché qualcuno dovrebbe sorbirsela. Per cui oltre ad Andrea-Go ed agli altri amici di Trieste, Franz in primis, la mia sempiterna gratitudine va a Roda con Davide, arrivati da Vicenza, ed al mio "segretario" Walter-wf2, venuto da Castelfranco, i quali, visto a posteriori, sono stati semplicemente squisiti a voler essere presenti.
Sempre visto a posteriori però secondo me il successo non avrebbe potuto essere maggiore, almeno per come io concepisco i rapporti umani. Inutile: sono uno ormai vecchio e sorpassato che pensa che avere amici voglia dire trovarsi davanti ad un (beh, più di uno...) bicchiere di vino con davanti un piatto sempre fresco di affettati a chiacchierare del più e del meno scambiandosi i rispettivi punti di vista su un numero sconfinato di argomenti, discutendo, animatamente magari, ognuno difendendo il proprio punto di vista, pronto però a cambiare opinione quando l'argomento dell'altro lo convince. Non tenendo in conto il fatto che più persone conoscono più cose in assoluto, per cui lo scambio anche di semplici informazioni sui rispettivi campi di competenza non può che arricchire le conoscenze ed in definitiva la cultura di ognuno di noi. Va da sé che il sottoscritto aborre, odia, visceralmente rifiuta i nuovi metodi di socializzazione che offre la rete, dei quali non vede un vantaggio che sia uno rispetto ai metodi comuni che l'umanità ha sempre usato da quando ha preso coscienza di sé. Per dire: già prima che fossero inventati gli infernali marchingegni moderni su Internet (per me inventati dalla Spectre per rimbecillire i giovani e non farli pensare) odiavo parlare al telefono se non per un asettico scambio di informazioni essenziali. Anche per questo mi rifiuto di avere un cellulare. Corrispondere non vuol certo dire scambiarsi battute scarne senza distinguo né approfondimenti, dire semplicemente mi piace o non mi piace. Interagire vuol dire per me essere uno davanti all'altro, parlare, fare gesti, guardare una persona negli occhi per capire se è veramente convinta di quanto sta dicendo o sta semplicemente recitando un copione, vuol dire tentare di provocarla sul momento nell'intimo per conoscerla meglio e poi decidere se considerarla un amico con cui confidarsi o semplicemente una persona che non ci interessa. Insomma per me la vita sociale consiste nell'andare fuori in due, quattro, in gruppo (ovviamente in dipendenza dal numero sono diversi anche le attese e gli scopi), parlare, fare cose, divertirsi, litigare magari, ma in definitiva stare con persone che ci piacciono è l'essenza stessa della vita e (assieme ovviamente alla famiglia, che rimane la cosa più importante al mondo) forse è anche la ragione principale per la quale vale la pena di essere vissuta. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto").
Tecnica-mente parlando
- Scritto da Sergio Tavčar
Ha vinto il Barcellona, ha vinto Miami. Cosa si può volere di meno nella vita in fatto di basket? Niente. En passant, ha vinto anche Siena, ma questo rientra nell'ordine naturale delle cose. Per cui mi riesce difficile parlare di basket, in quanto la delusione e la frustrazione che mi pervadono sono assolute, di tipo cosmico quasi, perché le cose vanno contro tutto quello in cui credo, e allora mi vengono in mente pensieri autodistruttivi, della serie, Sergio di basket ormai non capisci più un tubo, oppure il basket sta andando velocemente in malora, constatazioni ambedue che portano alla disperazione più totale.
Per fortuna sono arrivati almeno il sole ed il caldo, per cui il dolce far niente sdraiato al sole (Optschina Strand FKK) a ricaricare le batterie in vista delle prossime fatiche olimpiche sta raggiungendo livelli da trionfale apoteosi. Ed in più ci sono gli Europei di calcio che permettono tranquille serate davanti alla TV con la classica birretta ed i classici salatini a portata di mano. E proprio guardando il calcio l'altro giorno ho sentito il pur bravo commentatore della RAI (che non so chi sia, ma ogni tanto anche loro ne trovano incredibilmente uno capace) dire una cosa che mi ha dato molto fastidio. Premesso che aveva uno straordinario merito, e cioè quello di pronunciare i cognomi cechi in modo quasi corretto – inserto: per esempio la rž che io traslittero così non riuscendo a trovare sulla tastiera la r col segnetto sopra di Pilarž o Kolarž si pronuncia appunto rž e non solo ž, oppure Jiràček ha l'accento sulla a non perché ci vada l'accento nella nostra accezione, ma semplicemente per farla strascicare un tantino, in quanto le parole ceche hanno un po' l'accento su ogni sillaba, tipo coreano o giapponese, e dunque l'accento principale rimane sulla prima i, ma sono dettagli, l'importante è che non abbia detto Žiraček come avrebbero fatto tantissimi altri suoi più ignoranti colleghi – ad un dato momento ha detto che il Portogallo dominava la partita perché era evidente il predominio tecnico dei lusitani, in ciò corroborato dal commento tecnico di Collovati. Al che sono saltato offeso sulla poltrona, perché i nostri fratelli bravi e capaci che sono i cechi di tutto possono essere accusati in campo sportivo (principalmente, appunto essendo fratelli slavi, di avere poche palle), ma non di non avere tecnica. La cura dell'insegnamento tecnico è quasi assiomatica da quelle parti ed in tutti gli sport i cechi sono maestri assoluti di tecnica.
Lo fattore Q
- Scritto da Sergio Tavčar
Se non fosse per Sara Errani, che è stata la splendida eccezione, grazie alla sua intelligenza, coraggio e doti di vincente, sarebbe per me questa una settimana di delusioni su tutto il fronte, visto che sembra che in questo periodo a pagare siano in particolare la forza bruta, ma anche la fortuna più sfacciata. Scrivo mentre Federer ha appena buttato via il primo set contro Đoković, e se non bastasse la mia prima settimana di ferie se ne sta andando con un tempo infame, sempre nuvoloso, che mi impedisce di fare quello che tanto desideravo di fare, e cioè un bel tubo, sdraiato al sole a risolvere sudoku. Il mio umore è pertanto virante verso il nero pece. L'ultimo chiodo nella bara l'ha messa la grande prova di LeBron contro Boston che ha ovviamente scatenato la solita solfa di panegirici sul prescelto e così via. Voi sapete ovviamente come la penso in merito, per cui continuate a dire la vostra che io dico la mia. E' rimasta comunque accesa una fiammella, perché c'è sempre gara sette, nella quale esiste sempre la speranza che il buon Prescelto faccia quello che ha sempre fatto, e cioè cannare clamorosamente le partite importanti, quelle veramente importanti. Ma non era importante gara sei, senza ritorno? Certo che lo era, ma in questi casi normalmente subentra la condizione psicologica di chi non ha più niente da perdere, per cui cominciano ad entrare triple assurde, o se volete colpi sulla riga. Ripensando appunto a quel magnifico esempio di perdente nata che è Samantha Stosur. Perde il primo set, non ha più niente da perdere, stravince il secondo, inizia il terzo, quello decisivo per ambedue (attenzione! Bisogna prendere in considerazione anche questo fatto – per Boston perdere gara sei non era ancora esiziale), va sotto 0 a 3, di nuovo non ha più niente da perdere, arriva sul 3 pari, si dice, oddio, adesso devo vincere, e va in marasma. Un po' quanto le era successo due anni fa in finale contro la Schiavone. Evidentemente vincere Flushing Meadows l'anno scorso non le è servito. Ritornando a gara sette fra Boston e Miami la speranza è l'ultima a morire, però in realtà in questo momento non è che se la stia passando particolarmente bene, perché mi sembra che i miei Celtics (miei, perché facevo il tifo per loro già dai tempi di Bob Cousy e Bill Russell, per non parlare del mio idolo assoluto ed insuperabile di tutti i tempi, e cioè ovviamente Larry) stiano assieme con lo sputo e che proprio non ce la facciano più a stare in piedi. Se del resto l'uomo della Provvidenza per Boston deve essere Rajon Rondo, allora stiamo più che freschi proprio gelati. Per cui, anche se dovessero vincere (cosa che ovviamente spero con tutto il cuore, perché vorrebbe dire che Miami perderebbe, cosa che mi manderebbe al settimo cielo), penso che poi andrebbero al massacro contro Oklahoma che ha causato un'altra, anche se molto minore delusione della settimana, eliminando San Antonio. Tempo fa avevo fatto un commento su Zona Sport alla fine della regular season dell'NBA, nel quale ipotizzavo il futuro cammino dei playoff. Ho indovinato in pieno che Chicago non sarebbe andata lontano (facile, del resto) e poi avevo ipotizzato una finale Boston-San Antonio, dicendo che San Antonio avrebbe avuto ottime possibilità se i suoi vecchietti avessero avuto abbastanza fiato per reggere i ritmi dei playoff e che Boston poteva causare la sorpresa, essendo l'unica squadra all'Est che provava a giocare a basket. Ed in più ha in squadra dei vecchietti sì, che però hanno cominciato a giocare quando il basket era ancora tale e bastava che ricordassero quello che facevano da piccoli che avrebbero potuto superare il gap dettato dall'età e dalla strapotenza fisica degli avversari. Sempre secondo la vecchia regola che chi più sa giocare, meno fa fatica, facendo solo gesti atletici utili e necessari senza sprecare energie a fare cose rutilanti, ma irrilevanti. Ci sono andato abbastanza vicino e non ho centrato la previsione all'Ovest perché in effetti non credevo che gli Spurs fossero tanto a terra da morire durante la partita stessa, come è capitato sia in gara cinque che, mi raccontano, perché non ho avuto il coraggio di guardare la replica, in gara sei. Comunque in questo caso la delusione è molto minore, perché la sconfitta di San Antonio vuol dire che in finale c'è andato Durant e sarebbe solo giusto se a vincere l'anello fosse lui. L' unica cosa che mi disturba è che allora lo vincerebbe anche Westbrook, ma non si può avere tutto dalla vita. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
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