La fortuna e avere Blatt
- Scritto da Sergio Tavčar
Sabato pomeriggio. Scena: ufficio a TV Capodistria di Tommaso. Presente per fare il turno TG. Passa il cronista che è venuto per fare la telecronaca di gara tre della semifinale dei playoff sloveni, un'elettrizzante Olimpija-Helios. “Tommaso! Hai visto il finale di CSKA-Maccabi?” “Sì, l'ho visto adesso che me lo sono tirato giù dalle agenzie per il turno”. “E che ne dici?” “Assurdo! Come ha perso il pallone Hrjapa non lo perdiamo neanche noi al campetto, il che è tutto dire!” “E pensa che Hrjapa fino alle due ultime azioni era stato il migliore: prima si è addormentato sulla tripla di Blu e poi ha fatto quella cagata allucinante.” “Va be', ma adesso contro il Real non hanno speranza, li macineranno. Hai visto che fine ha fatto il Barcellona?” “Tommaso, il Barca era una squadra di morti senza palle. Senza Navarro loro sono ridicoli con quell'allenatore che continuano a tenere per ragioni che sanno solo loro. E poi ricordati: in questi tempi il Maccabi va in giro con l'osso del morto in tasca (oso del morto in scarsela: modo di dire triestino per indicare un individuo con una fortuna alla Gastone Paperone) e quando hai l'osso del morto in tasca ce l'hai di continuo, e non solo a sprazzi. Vedrai che sarà dura. Del resto il Real l'anno scorso doveva triturare l'Olympiacos e hai visto come è andata a finire”.
Penso che in questo breve scambio di opinioni sia raccolto tutto quello che di importante si può dire a commento delle Final Four di Milano. Come prima cosa non penso che si possa discutere che il Maccabi abbia avuto per tutta la fase finale dell’Eurolega un culo XXXL. Certo, la voglia di vincere, la capacità di reagire sempre e comunque, la grande indole di vincenti…tutto quel che volete, ma senza sedere non si va comunque da nessuna parte. Un canestro della finale mi è rimasto particolarmente impresso: Rice tira da tre, e non è proprio la specialità della casa, la palla prende il primo ferro nettamente di lato, la palla invece di rimbalzare via secondo regole geometriche ovvie (angolo d’ uscita dopo il rimbalzo pari all’angolo d’ entrata nella direzione opposta) si impenna, ritorna incredibilmente indietro e cade in canestro. Non so cosa abbiano fatto quelli del Maccabi per deviare la traiettoria della palla, chissà forse in tribuna fra i 5000 tifosi c’era la stragrande maggioranza formata da emuli di Uri Geller (quello che sembrava che piegasse cucchiaini con il pensiero) che sono riusciti nell’impresa telepatica di deviare le traiettorie dei palloni scagliati dai loro giocatori. Della tripla di Blu (per me senza alcun dubbio “il” canestro della partita, perché ha determinato tutto l’andamento del secondo tempo) allo scadere del primo tempo non parlo neanche. Bravo, niente da dire, vincente senz’altro, ma, cavolo, che sedere!
Incontro reale
- Scritto da Sergio Tavčar
Intanto grazie veramente di cuore a tutti quelli che sono venuti alla serata di Cormons, dico la prima perché nella seconda c'erano tanti più personaggi importantissimi (e la gente era meno della metà rispetto al mercoledì...) proprio perché eravamo solo in due e, se mi rendo conto che la grande maggioranza era venuta per sentire Buffa, purtuttavia nel confronto spero di non aver sfigurato e di aver dato il mio mattoncino perché la serata riuscisse al di là di tutte le nostre aspettative. Abbiamo parlato per oltre due ore, eppure ci sarebbero state tantissime altre cose da dire, per cui penso che la gente se ne sia andata soddisfatta. Per quanto mi riguarda devo aggiungere che la serata è poi proseguita a cena (da Felluga a Brazzano, per chi conosce i posti) e il terzo tempo è andato avanti fin quasi le due di notte. La cosa che più mi ha favorevolmente impressionato di Buffa è stato il suo desiderio di conoscere le cose che riguardavano la storia, le differenze nazionali, sociali e conseguentemente di costume che sono il complicatissimo retaggio di una storia altrettanto complicata e per la maggior parte sconosciuta nel resto del mondo, ma proprio per questo, almeno per me (e evidentemente anche per Federico), affascinante.
L'ultima classifica
- Scritto da Sergio Tavčar
Visto che la discussione è divampata violenta aggiungo un piccolo post per spezzare la processione dei commenti che poi uno si perde nella ressa e non riesce a leggerli tutti.
Non lo faro più, lo prometto, non lo giuro perché mamma mi proibiva di giurare su stupidaggini perché diceva che il giuramento è una cosa seria. Non farò più classifiche di niente, proprio perché, ma già si sapeva in anticipo, sono ovvie e inevitabili discussioni sull'aria fritta e sul sesso degli angeli. Non esistono né possono esistere criteri obiettivi per valutare i singoli attori di una qualsiasi disciplina, sia essa sportiva che artistica, che viene giudicata e valutata da milioni di persone. Quando sono venuto sul commento molto serio che diceva: "ma quali sarebbero i criteri oggettivi, perché solo fissando criteri oggettivi si può cominciare a ragionare" mi sono venuti i brividi sulla schiena e ho deciso su due, ma che dico due, facciamo quattro, piedi (direbbe Totò) che la cosa era andata troppo lontano e che si stava andando in una direzione sterile e totalmente priva di senso.
Stufato di basket
- Scritto da Sergio Tavcar
Visto che sono chiamato a gran voce mi faccio vivo, anche perché altrimenti pensereste che sono alle prese con qualche terribile malanno. No, per fortuna sto bene (toccando tutto quello che si può e anche quello che non si dovrebbe, pena cecità prematura), semplicemente, e la cosa sembra incredibile, ho perso le motivazioni per guardare basket in TV con assiduità. Fra l'altro ogni qualvolta c'è qualcosa di interessante su FoxSports2, tipo il massacro del Barcellona a Milano, la parabola smette di funzionare salvo ritornare perfetta quando ci sono, mi perdoneranno Elio e i suoi, quelle terribili pizze delle dirette di baseball, che già non succede niente nelle sintesi, figuriamoci nelle dirette. Mi assumo tutte le responsabilità di quanto affermato, tanto più che so di cosa parlo. Essendo di Opicina, dove, quando ero ragazzo, giocava una squadra di Serie A con storici derby con Ronchi, ho visto molte partite dal vivo sul nostro mitico diamante fatto dagli americani (fuori campo impossibili, essendoci dietro al diamante una scarpata alta 40 metri, per cui si narra come una leggenda di quando ci fu l'unico fuori campo della storia messo a segno fra l'altro proprio da un ragazzo di Opicina, il mitico Iča Mahnič, nella vita normale di mestiere elettrotecnico). (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto)
Sport, gioco e lavoro
- Scritto da Sergio Tavčar
Ho paura che, malgrado sia svanita la sbrodolatura patriottica (scrivo dopo la grandiosa seconda manche della Maze a Aare di ieri e il bel salto in basso oggi di Prevc a Trondheim), non sia ancora in grado di passare definitivamente al basket. Ho infatti ancora grosse lacune proprio nel mettermi al corrente di quanto succede avendo praticamente in questi ultimi tempi visto solo la partita di ieri di Milano al Pireo e un po' di Fenerbahce fra la settimana scorsa e ieri.
Ci ritornerò comunque, ma prima vorrei definitivamente chiudere la pratica Olimpiadi. Intanto vorrei subito dire che ho letto attentamente la lunga disamina di Andrea-Go che, ormai mi conoscete abbastanza, non mi ha per niente smosso da quanto da me affermato nel post precedente. Per cui lui è in disaccordo con me, io sono in disaccordo con lui, 1 a 1, palla al centro e amici come prima. Continuo a reputare che i due cross siano discipline stimolanti e tecnicamente nonché tatticamente molto probanti oltre che coinvolgenti per gli spettatori. Sul fatto che il pericolo deriva dal contatto per cui la cosa è diversa dalla discesa libera posso anche essere d'accordo, ma mi sembra abbastanza irrilevante. E allora il motociclismo, enormemente più pericoloso (da Kato a Simoncelli ci sono esempi agghiaccianti a iosa), lo aboliamo pure lui? Se hai paura dei contatti cambia sport, e del resto non mi sembra che a andare addosso a un avversario sia una tattica vincente in quanto normalmente si cade anche in prima persona e si manda la gara a escort, il che non credo che sia nell'interesse di chi commette il misfatto. Andare a forzare passaggi in quel mondo di squali vuol dire cercare guai, per cui ho l'impressione che, se uno lo fa, sia stupido e basta. E normalmente gli stupidi si eliminano prima o poi da soli, a volte anche fisicamente (nel senso di infortuni, non certamente nel senso di dipartita, ovviamente). Un po' come la famosa inglese suicida e omicida dello short track. A volte, anzi sempre, bisogna anche ragionare e non lasciarsi ciecamente trascinare dall'adrenalina. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
Blog Olimpico Sochi - 3
- Scritto da Sergio Tavčar
Mi scuso profondamente non avendo tenuto fede alla mia promessa. Semplicemente è successo che ho avuto abbastanza da fare con telecronache anche in orari lontani fra loro (quando per esempio c'era di mattina il fondo e di sera i salti), ma soprattutto è successo che quando non avevo nulla da fare (se non prepararmi per le telecronache successive) ho guardato le gare. Più o meno tutte. Primo perché erano molto belle, poi perché già da piccolo le Olimpiadi mi coinvolgono emotivamente sia per l'atmosfera che le circonda sia perché mi immedesimo negli atleti che vivono alle Olimpiadi momenti incredibili di pressione in quanto magari in pochi secondi, se non addirittura centesimi di secondo (Maze e Gisin), si giocano buona parte della loro carriera fatta di incredibili sacrifici e privazioni. E sono perciò tanto più da ammirare incondizionatamente quando questi loro sacrifici vengono fatti per eccellere in sport nei quali le gratificazioni finanziarie sono molto limitate. Ho gioito per esempio come un pazzo quando a vincere medaglie sono state, a poche ore di distanza una dall'altra, Vesna Fabjan e Teja Gregorin, due sportive che della costanza e della caparbietà hanno fatto la loro bandiera per tutta la loro carriera e mi sono commosso con loro quando alla fine hanno ricevuto il premio per il quale hanno sgobbato tutta la vita.
A proposito per mettere le cose in chiaro dico che provincialismo non è tifare per i propri atleti, anzi, ma il non interessarsi di una competizione nella quale non ci siano "nostri". Conoscere le storie che stanno a monte di successi e catastrofi sportive in sport magari ignoti alle nostre latitudini è segno di apertura mentale sia per tentare di capire come ragionano gli altri sia per ampliare le proprie conoscenze e scoprire cose nuove delle quali a volte non se ne aveva neppure il sentore. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
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