Ricordo bene
- Scritto da Sergio Tavčar
Sono finiti i Mondiali di sci nordico che ho commentato a manetta seguendo tutte le gare di fondo e salti con normalmente due telecronache al giorno per 3-4 ore di microfono in mano. Ora ho un paio di giorni di pausa, per cui posso respirare e rifarmi vivo. Dico subito però che non mi sono stancato né spossato, in quanto tutte le gare sono state interessanti, alcune addirittura magnifiche, salvo i salti degli uomini dal trampolino medio che per le condizioni atmosferiche sono state una assoluta lotteria, anche se poi il podio, Kubacky, Stoch e Kraft, lascerebbe supporre che sia stato tutto regolare.
Nomi da dimenticare
- Scritto da Sergio Tavčar
Volevo accennare anch’io alle irresponsabili e farneticanti parole neo-irredentiste pronunciate domenica a Basovizza. E finché Salvini dice che nelle foibe vennero gettati i bambini come a Auschwitz…va be’, si sa, un fascista rimane tale e dunque che dica certe cose non meraviglia, ma che il Presidente del Parlamento europeo si lasci andare a esclamazioni totalmente grottesche e fuori dal mondo nell’anno del signore 2019, a 74 anni dalla fine della guerra (per la prospettiva storica: dalla fine della guerra sono passati tanti anni circa come ne passarono dal Congresso di Berlino all’inizio della seconda guerra mondiale, dunque un bel po’ di tempo con tante cose che sono successe in mezzo, che ne dite?), questo onestamente non me lo sarei aspettato neanche negli incubi notturni da indigestione. Però avete detto tutto voi, e soprattutto lo ha fatto in modo eccellente il corrispondente di Severgnini, per cui io aggiungo solo che purtroppo le cose a mio avviso non cambieranno mai per una semplice ragione: che in Italia sono state dimenticate, o volontariamente rimosse due cose fondamentali: 1) che la guerra sul fronte italo-jugoslavo l’ha cominciata lei e che 2) poi questa guerra l’ha persa senza se e senza ma con la rotta dell’8 settembre.
Lingua dominante
- Scritto da Sergio Tavčar
Un invito a nozze del genere non l’avevo mai ricevuto. L’avete voluto voi e dunque non lamentatevi se adesso dalla mia tastiera erutterà un vulcano di parole. L’argomento è ovviamente quello delle lingue, sulla facilità o meno che hanno alcune genti di impararle meglio e prima (e alcune di essere proprio negate) e da ciò anche la presenza o molto più spesso assenza totale di cultura generale che dovrebbe permettere a chi parla in un microfono di essere perlomeno credibile quando pronuncia cognomi (o parole) straniere.
Danko e Kamenko
- Scritto da Sergio Tavčar
Devo dire che sono rimasto spiazzato dalla vostra discussione sulla meccanica del tiro e mi accorgo di essere ormai un reperto da museo. Ai miei tempi infatti si ragionava in modo del tutto diverso e, viste le cose sulle quali si discute oggi, come ha magistralmente spiegato Llandre, siamo in due galassie diverse che non possono comunicare in nessun modo.
Allora, per chi fosse interessato, farei un po’ di storia e riandrei agli oscuri tempi passati spiegando anche un po’ il mio background, o, se volete, l’humus cestistico nel quale sono cresciuto. In epoca pre-tecnologica, quando i numeri erano solo quelli che ti dicevano se alla fine della partita avevi vinto o avevi perso, e dunque si andava a lume di naso, il tiro aveva una sola caratteristica fondamentale: se entrava o meno. Se entrava spesso, allora tiravi bene e dunque nessuno ti diceva nulla, se più spesso usciva, allora avevi un problema e dovevi lavorarci. E la cosa era ancora più importante se il giocatore non aveva un talento naturale per il tiro.
Tiriamo le fila
- Scritto da Sergio Tavčar
Vedo con molto piacere che la discussione si è accesa su tutti i fronti, per cui a questo punto dico anche la mia. Prendete queste righe che seguono come un commento al pezzo del blog, o meglio un commento ai vostri commenti.
Mi è piaciuta molto la discussione sul termine di “tecnico”. La tronco subito, perché il signore venuto a casa mia era, appunto, un tecnico telefonico, in quanto l’inconveniente era sulla linea con conseguente tilt del router, o come cavolo si chiama. Se avessi avuto bisogno di un informatico non avrei chiesto aiuto a Franz, in quanto ce l’ho in casa ed è mio fratello che è un matematico specializzato in reti di computer, per cui lo fa di mestiere.
Sono molto contento e soddisfatto che gli esperti di rugby non mi abbiano massacrato e deriso e che sia riuscito a dire qualcosa di sensato. Walter: so benissimo che sei molto suscettibile sull’argomento, ma assolutamente non volevo sottovalutare l’importanza delle doti individuali, che sono tanto più importanti in sport proprio come il rugby, in quanto solamente chi ha in testa una marcia in più può fare qualcosa di sostanzialmente diverso in termini di creatività rispetto alla massa, sempre rispettando gli strettissimi obblighi di un gioco di squadra a 15 giocatori.
Scelte individuali
- Scritto da Sergio Tavčar
Con Franz e Llandre ci vediamo ad ogni sconvenscion, siamo amici, ci vogliamo bene e ci stimiamo, Franz addirittura mi ha dato una mano decisiva quando mi si era fulminato Internet mandandomi a casa un bravissimo tecnico, insomma non so da che parte prendere e come presentare quanto sto per scrivere. Forse per mettere le mani avanti proporrei una minisconvenscion fra noi tre in un futuro il più prossimo possibile per dirimere le nostre questioni e dircele tutte in faccia a sei occhi davanti a un buon bicchiere di quelli giusti.
Il minicommento di Llandre sul passaggio nel quale afferma di non essere d’accordo su quanto sostengo in merito alla cultura del playground e le ragioni che espone devo confessare che mi hanno fatto sobbalzare sulla sedia e la mia faccia è immediatamente diventata di un bel rosso paonazzo. Poi mi sono calmato un tantino quando Llandre ha articolato meglio il suo pensiero sull’ovvia obiezione di Edoardo-Hawkeye. Però il problema di fondo rimane.
La tecnica dei pensionati
- Scritto da Sergio Tavčar
Da parte mia ovviamente un buon anno a tutti e che Dio ci dia la salute per poterci rivedere tutti quanti in estate per l’appuntamento della sconvenscion che è certamente, almeno per me, uno dei momenti più belli che l’anno mi possa offrire. Tanto più che dopo tanti anni di lavoro a Capodistria ho deciso che questa è la mia ultima stagione attiva, per cui alla fine della stagione sportiva, una volta maturati tutti i diritti che mi spettano, potrò cominciare a godermi la meritata, spero, pensione. Per cui avrò sicuramente più tempo e, chissà, potrebbe anche succedere che mi venga la voglia di scrivere qualcosa di carino su tutti gli anni trascorsi nell’istituzione che mi ha dato da vivere e, perché no, anche tante soddisfazioni assieme ovviamente alle inevitabili delusioni e disillusioni che accompagnano ogni attività umana. Dovrei comunque rimanere attivo e lavorare a gettone per progetti singoli, per cui, diciamo, non ho ancora definitivamente appeso il microfono al chiodo.
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