Breve intervento con i pronostici per i primi ottavi di finale, con tanti se e tanti ma, con buona pace di Franz.

Slovenia-Ucraina. Comincio da lontano: l’anno scorso le due squadre si trovarono nello stesso girone di qualificazione e vinse senza troppi problemi ambedue le volte la Slovenia senza Dončić contro l’Ucraina con Fesenko. Per cui sulla carta non dovrebbe esserci partita. Sempre che la Slovenia non cada nella per lei esiziale sicurezza di essere forte prendendo la partita sotto gamba. Se non fa questo errore, e comunque non dovrebbe farlo se non altro perché il fatto di essere ancora imbattuta e avendo giocato molto bene contro la Francia, e avendo inoltre visto che intorno di babau veri non ce n’è, per cui it’s now or never, fa in modo che la squadra sia piena di voglia e energia, allora problemi non dovrebbero essercene. Del resto se prima dei Campionati qualcuno avesse fatto un sondaggio fra i giocatori su quale sarebbe stata per loro la squadra da affrontare negli ottavi probabilmente l’Ucraina sarebbe stata scelta in modo quasi plebiscitario.

Franz! Pensavo mi conoscessi. Se c’è una cosa che non farò mai, neanche sotto tortura, sarà uniformarmi all’andazzo moderno del mi piace, non mi piace, che è l’anticamera dell’inferno della semplificazione di cose complicate, che è in definitiva la ragione prima e ultima per la quale il ragionamento, l’unica cosa che ci distingue dalle altre specie viventi su questa terra, sta andando a donne di malaffare e l’umanità si sta sempre più primitivizzando. Dovresti sapere che il sistema twitter, non per niente quell’imbecille totale di Trump è l’unica cosa che usa, è esattamente agli antipodi di quello che io intendo per comunicazione fra persone intelligenti. Banalizzare le cose che sono per definizione complicate e meritorie di approfondimenti ai quali, più si va avanti, meno se ne vede la fine, è la via più diretta per rincretinire tutti quanti. Cosa che alla mia età mi rifiuto categoricamente di fare. Ed è proprio per questo che sui social non mi vedrete mai neanche in cartolina.

Dico subito che l’esortazione (?) di Franz sarà esaudita solo molto parzialmente. In questi giorni purtroppo siamo in piena emergenza nella nostra redazione per cui dobbiamo lavorare di più, in più ci sono tantissimi eventi da seguire, ragion per cui ogni turno TG è una specie di tortura stressante, in quanto ci sono tante cose che si verificano proprio minuti prima della chiusura della redazione del TG, e inoltre come ogni volta che c’è una grande manifestazione cestistica scrivo regolari commenti anche per il Primorski Dnevnik, il quotidiano della minoranza slovena in Italia.

Oggi comunque, complice anche una bufera che mi ha dissuaso dall’andare a Capodistria preferendo rimanere a casa (perdendo ore di lavoro che dovrò comunque recuperare pena il taglio dello stipendio – solo una stupidissima burocrazia ereditata dal regime socialista può pensare che il lavoro del giornalista sia quello di essere il più possibile seduto dietro la scrivania senza considerare affatto l’unica cosa importante del suo lavoro, e cioè di quanto programma produce e di che qualità e che dove lo produce è totalmente irrilevante) non avendo, appunto, incombenze nel produrre programma (detto in breve, non sono in turno), posso anche scrivere qualcosa come primo impatto con gli Europei.

Un po’ di miscellanea meno impegnata anche per partecipare all’interessante dibattito che si è sviluppato fra di voi. Capitolo atletica. È uno sport, intanto, che ho sempre guardato con passione da quando ero piccolo, perché quando la prestazione atletica è fine a se stessa è uno dei più nobili tentativi umani di arrivare al proprio limite attraverso un percorso che presuppone la ricerca più profonda possibile delle proprie risorse sia fisiche che mentali, per cui risponde a una delle più ancestrali pulsioni dell’essere umano che, proprio perché ha coscienza di se stesso, è un essere che attraverso il gioco e lo sport sublima le difficoltà che la vita gli pone davanti in campi ben più importanti insegnandogli come affrontarle. 

Oggi mio fratello mi ha dato una bellissima notizia. Grazie all'apparecchiatura di un vicino di casa amante del modernariato (fra l’altro è il figlio del mio professore di Analisi 2 nonché nipote del famoso giornalista Demetrio Volcich) è riuscito a ripristinare il suono dei miei antichissimi nastrini che registravo da giovane sul mio Geloso. Ora proverà a inventariare tutto il materiale, che è tanto, e a trasportarlo su qualche supporto più moderno. Fra questo materiale, a parte registrazioni importanti dal punto di vista privato con le voci di cari che da tanto tempo non ci sono più, ma mi mancano ancora come se fossero scomparsi ieri, c’è anche un nastrino per me preziosissimo etichettato semplicemente come “6-3-1971, hockey Jugoslavia-Austria” sul quale dovrebbe esserci la mia primissima telecronaca che proprio mio fratello ebbe l’accortezza di registrare dal televisore appoggiando il microfono del Gelosino all’altoparlante. Se riuscirà a trovarlo e a ripristinarne il suono penso che sarà interessante per molti ascoltare come iniziò praticamente lo sport su Telecapodistria e dunque lo posterò.

Stavolta voglio raccontarvi un aneddoto. Quanto sia pertinente agli ultimi fatti sta a voi decidere. Tempo fa, durante i playoff sloveni, la telecamera ha inquadrato in tribuna un bel quadretto familiare. A vedere la partita c’era infatti Peter Vilfan, forse il miglior giocatore sloveno di sempre, almeno finora (l’immenso Daneu a parte, ma lui era di un’altra epoca), che chiacchierava con il genero Vlatko Ilievski (il play macedone, arrivato a Lubiana poco più che ventenne, vi si è poi stabilito permanentemente, ovviamente anche e soprattutto per affari di cuore) e con il nipotino di una decina di anni. A proposito sembra che la figlia di qualche anno più grande sia una specie di Dončić in gonnella. E allora mi sono ricordato di quando Vilfan giocava e di un aneddoto che ha raccontato nella sua autobiografia e che ora riporto. Avvertenza: metto il virgolettato per semplicità, ma la mia assolutamente non è una traduzione di quanto scritto nel libro, ma un sunto a memoria. E dunque se c’è qualche errore mi scuso in anticipo con Vilfan e con tutti i suoi lettori.

Oggi comincerò parlando di pallavolo. Prima che sveniate (o vi svenate) dico subito che siamo perfettamente nel solco del discorso sui diritti sportivi a cui abbiamo un po’ tutti accennato nel post precedente. E inoltre su quest’argomento, che è per me di importanza storica, non ho letto neanche una riga sulla Gazzetta o, se l’argomento è stato trattato, lo è stato in modo del tutto marginale.

Allora: come sapete nella pallavolo c’è (c’era, ma su questo fra qualche istante) la World League, suddivisa in tre divisioni. La Slovenia, vinta l’anno scorso la terza divisione, ha dominato quest’anno anche la seconda. Qualificatasi per la Final Four che si è giocata a Gold Coast in Australia (che qualcuno non mi venga a dire “sulla” Gold Coast, trattandosi, malgrado il nome, di una città nel Queensland) la Slovenia ha dapprima liquidato con un secco 3 a 0 l’Olanda e infine si è trovata in finale il Giappone che nell’altra semifinale aveva battuto al tiebreak l’Australia. Altro dominio degli sloveni (3 a 0 con il primo e il terzo set nei quali ha tenuto i giapponesi sotto i 20 punti e con il secondo vinto 26 a 24), baci a abbracci alla fine e qualifica acquisita per l’Empireo mondiale.