Niente da dire, ragazzi. Andate avanti così che va bene. Volevo commentare la finale di Eurolega che Eurosport si è degnata di trasmettere, ma mi avete preceduto dicendo voi praticamente tutto quello che volevo dire io. Concordo praticamente in pieno con le pagelle di Fabrizio, soprattutto per l’alto voto dato a Moerman che forse avrebbe meritato un minutaggio superiore soprattutto nei momenti nei quali ci sono stati quei tiri da tre senza senso di Sanli. E inoltre, come sempre, “el mulo Cencio” di Siena (Gabriele) mi ha preceduto scrivendo praticamente punto per punto e virgola per virgola tutto quello che avrei voluto scrivere io. Su quanto ha scritto lui solamente qualche breve commento e chiosa. Su Larkin: il mio primo commento, espresso a voce alta come faccio sempre quando guardo le partite da solo facendomi una specie di telecronaca parallela (il lupo perde il pelo, ma non il vizio) ovviamente con l’audio girato sui suoni d’ambiente per poter vedere la partita come la vedo io e non come la vedono quelli che la commentano, che normalmente vedono tutto altro, o per meglio dire vedono cose giuste, ma irrilevanti dal mio punto di vista sorvolando su quelle veramente importanti, è stato: “perdinci, ma qualcuno deve avergli fatto un trapianto di cervello! Non è più lui!”. Grandioso.

“Non mi piace però che si legga la storia sportiva della Pellegrini in relazione alla sua vita privata, se non altro perché con un uomo non lo si farebbe mai.” Non mi ricordo di essermi mai tanto addolorato, avvilito, ma soprattutto offeso da un commento a qualcosa da me detto come stavolta. E da Pado che è persona di grande spessore che arricchisce di eccellenti commenti questo blog e che è sempre un enorme piacere incontrare di persona alle sconvenscion non me lo sarei aspettato. Forse gli è scappato perché, come dice lui, è tifoso sfegatato della Fede nazionale. E’ l’unica scusa che trovo. O forse sono io che in tutti questi anni (incredibile, ma l’anno scorso è stato il decimo anniversario da quando questo blog funziona a pieno regime) non sono mai riuscito a spiegarmi bene.

Non so se ve l’ho già detto (visto che ripeto sempre le stesse cose come un disco rotto – avete anche voi mai provato l’imbarazzo di quando dite: “Vi ho già raccontato la storia…” e vi sentite rispondere: “Quella di quando succede questo e quello e poi finisce così? No, mai sentita” – ebbene, a me succede più che spesso e volentieri, per cui ve l’avrò già detto mille volte), ma il mio vero sport è sempre stato il nuoto. Per tutta una serie di ragioni: la prima è che mio padre era un grande appassionato, avendolo praticato con successo in gioventù e, come sapete, tutto quello che mio papà faceva era per me sacro, ma la seconda e di gran lunga più importante era quella che io sono fondamentalmente una foca, maldestro, goffo e lento sull’asciutto, e perfettamente a mio agio in acqua. E infine ovviamente perché mi piace nuotare. Ragion per cui quando nei miei anni adolescenziali e della prima gioventù si disputavano ancora i Giochi sportivi della minoranza slovena in Italia e noi giovani ragazzi ci davamo da fare come matti per organizzare le varie squadre del nostro paese, tentando magari di carpire con qualche sotterfugio un potenziale campione a qualche paese rivale, io ero sempre l’ultimissima scartina quando si facevano le varie squadre degli sport sulla terra ferma (a parte il basket e il tennis tavolo che praticavo agonisticamente), ma ero il boss indiscusso quando si trattava di piscina. La squadra di nuoto la si faceva attorno a me. Avevo una buonissima acquaticità e dunque potevo nuotare con grande rendimento (ovviamente nelle nostre limitatissime proporzioni) tutti gli stili e in più durante gli anni del mio liceo papà, che insegnava nell’edificio attaccato al nostro, una volta alla settimana, quando finiva alla mia stessa ora, mi raccoglieva e andavamo a fare un’ora di allenamento alla vecchia piscina Bianchi durante l’ora aperta al pubblico prima di tornare a casa. Dove mi attendeva l’insuperabile jota di rape con salsiccia di mia nonna seguita dal grieskoch con lo chateaux. Scusate, struggenti ricordi di gioventù…

Continuiamo a parlare di basket, vista la stringente attualità. A questo punto mi sembra di dover mettere la parola fine, almeno dal mio punto di vista, alla discussione su Pajola. Il ragazzo mi perdonerà, ma sono stato tirato in ballo tante volte che devo finalmente sviscerare la questione per tagliare la testa al topo (Stefano, un ratto si può decapitare, o anche questo è un reato anti natura?). E a proposito di Stefano lascio a lui la descrizione di Pajola, perché riflette esattamente quanto penso io di lui. Non solo, ma Stefano ha anche indovinato sul fatto che in teoria il ragazzo dovrebbe piacermi, perché è un ragazzo palesemente intelligente e umile, dunque non può che migliorare. La cosa che mi disturba profondamente e che mi fa essere un tantino “biased” nei suoi confronti è l’immane battage pubblicitario che si fa intorno a lui che ho paura che alla fine faccia sì che venga bruciato sull’altare di aspettative assolutamente spropositate rispetto alle sue qualità, che sono tante, ma non certamente straordinarie, anzi. L’unica cosa che mi consola un tantino è il fatto che sia il ragazzo stesso che dà la netta impressione di non farsi condizionare dagli sbrodolati e secondo me totalmente sovradimensionati elogi che gli vengono fatti. Lui va sulla sua strada e che Dio gli dia. Soprattutto però gli auguro di non leggere giornali né forum su Internet né ascoltare commentatori compiacenti che devono magnificare un prodotto in realtà abbastanza asfittico. Non si curi di loro e lavori duramente come sembra che faccia (ho anch’io le mie fonti autorevoli che mi ragguagliano su quanto succede in realtà dietro le quinte).

Come primissima cosa, una cosa che mi sgorga dal cuore infranto e offeso, vorrei dire a tutti quanti che venite a Trieste di dare sì ascolto a quanto vi dice Franz, ma non solo, e soprattutto NON solo, a quanto vi dice lui. Nella sua rassegna delle cose da visitare a Trieste, ma soprattutto dei luoghi dove andare, ha dimenticato in modo che ancora mi fa incazzare la cosa che fa di Trieste la più bella città del mondo (scusate, ma sono un tantino di parte), e cioè il Carso che le sta alle spalle. E tutto ciò per una semplicissima ragione: se non ci fosse il Carso alle spalle di Trieste a più di 300 metri di altitudine, raggiungibile in dieci minuti di macchina dal centro città, nessuno potrebbe ammirare estasiato la straordinaria vista della nostra città e del nostro golfo. Salendo ai punti giusti nei giorni di bora, quando l’aria è limpida, si può ammirare a sinistra tutta la penisola istriana fino alla punta di Capo Promontore (per i cronisti sportivi della Rai, tipo Bizzotto, per i quali Fiume è Rijeka e Capodistria Koper, Premantura) con vista anche sulle coste di Cherso (sempre per i cronisti di cui sopra Cres, attenzione, si legge Tzres), mentre a destra dietro alle Prealpi venete si vedono in tutto il loro splendore le Dolomiti.

Non posso parlare di basket, visto che non sono abbonato a Eurosport player, per cui intervengo per esortarvi a ragguagliarmi su come stanno andando i playoff dell’Eurolega. Spero che Buck continui nelle sue esaustive cronache e nei suoi commenti e che anche gli altri si diano da fare per spiegarmi cosa succede nelle altre serie. Potete tranquillamente, se non vi interessa, saltare il resto di questo pezzo e continuare in calce a parlare solo di basket. Non me ne avrò certamente a male, visto che quanto sto per scrivere non c’entra per niente con ciò di cui normalmente discutiamo.

Ma comunque, a mo’ di diversivo, o di intermezzo, se preferite, e giusto per non limitarmi all’esortazione di cui sopra, vorrei riportarvi due notizie che ho letto sul Primorski Dnevnik che, come ormai già sapete, è il quotidiano della minoranza slovena in Italia.

Ho visto anch’io le prime due partite di Milano contro il Bayern e, se mi permettete, vorrei dire la mia in merito. Ho un’enorme stima per Trinchieri, maturata durante l’intervista che gli feci a Lubiana già quasi una decina di anni fa e nella quale espose concetti e pensieri molto acuti che mi impressionarono in modo estremamente favorevole. Ciò detto, e ribadito e sottolineato che ci sono pochissime persone in questo momento in Europa (al mondo? – visto il coaching che c’è nell’NBA verrebbe da dire subito di sì – anche perché nell’NBA il concetto di coach nel senso etimologico della parola, cioè di guida e timoniere, si è in questi anni completamente perso) che ci capiscono più di basket rispetto a lui, e testimone ne è il fatto che nelle sue squadre c’è ben poca gente che non siano giocatori veri di basket, per quanto poco possano costare, la prima partita è riuscito incredibilmente a perderla lui dopo averla stravinta in fase di preparazione e piano partita, eseguito in modo straordinario per più di un tempo, salvo poi andarsi e perdere in modo inatteso, forse sopraffatto dall’importanza del momento, fino a finire nel panico e nella confusione più totale che si è palesata negli allucinanti ultimi minuti della partita, giocata da ambedue le squadre sostanzialmente a chi fa meno.