“Giocano diversamente perché sono cambiate 1000 cose, il risultato potrà anche non piacere ma infangarli con le peggiori offese (tipo 'circo') mi pare una dimostrazione di grossi limiti nel decifrare la realtà attuale e d'altro canto mitizzare una sorta di Arcadia dei campionati anni 70 - 80 (dove anche lì c'era un sacco di gente che si palleggiava sui piedi: non mi pare che la casella delle palle perse fosse sempre a zero) mi pare un errore ancora più  marchiano. Ma tant'è...”

Riporto tali e quali le frasi di Stefano che ha già riportato Edoardo per mettere anch’io fine alla diatriba che ha ormai stancato un po’ tutti. Voglio solo ribadire alcune cose e chiarire alcune altre. Onestamente mi sento un tantino offeso per l’accusa di essere un patetico passatista che parla di fantomatiche Arcadie. Ho solo un’età, permettetemelo, per parlare di alcune cose con maggior cognizione di causa di persone nate qualche decennio dopo di me e dunque chiunque nato in quel lasso di tempo dopo di me non ha esattamente nulla da insegnarmi se non considerandomi uno scemo. Che non credo di essere.

Siamo sotto feste e dunque anche voi avete più tempo per intervenire. Ho letto con molto interesse la discussione sullo sport di una volta rispetto a quello di adesso in relazione allo spaventoso cambiamento dei materiali che da attrezzi sono diventati braccia robotiche cibernetiche. Avete parlato di tutti gli sport in cui ciò è accaduto senza menzionare ovviamente uno sport che piace a me e che voi non calcolate, parlo del golf. A me capita che invece di Jack Nicklaus o Arnold Palmer o Gary Player o Tiger Woods, se volete, mi capiti di dover vedere le vittorie di forzuti bruti tipo Bruce Koepka o soprattutto del giocatore da me in assoluto più odiato omnisport, e cioè Bryson DeChambeau, al confronto del quale anche uno come Koepka sembra un sopraffino ricamatore. E inoltre avete trascurato tutto il campo degli sport invernali, nei quali i materiali e le piste sono componenti fondamentali. Vi siete mai chiesti cosa farebbe un Paris se dovesse gareggiare con ai piedi gli assi di una volta calzato con scarponi improbabili attaccati agli sci con stringhe e corde varie e sulle piste piene di gobbe senza protezioni di alcun genere come faceva Zeno Colò? O se Kobayashi dovesse saltare dal trampolino vestito con un maglione di lana e pantaloni alla zuava? Ragion per cui capisco perfettamente il vostro discorso e sono d’accordo con Roda (vedi che abbiamo trovato una cosa in comune – amici come prima?) che l’unica cosa che importa è quella se ci piaceva prima o più adesso.

Finalmente! Eureka! Ci siamo!

Sono estremamente contento della vostra reazione al mio ultimo post. Avete evidentemente compreso che era stato scritto di “pancia”, in preda a una forte momentanea emozione (e rabbia nonché, mi scuserete, disgusto), per cui i vostri commenti sono stati tutti civili, ma soprattutto pertinenti al tema. Che Roda sia nel merito (per il resto rimane una bravissima persona e, spero, un amico) ormai un caso incurabile è ormai assodato (sembra un no-vax che protesta per partito preso e per non perdere la faccia), per cui lo do per disperso nella nebbia, ma gli altri mi siete piaciuti tutti. Ovviamente un grazie particolare va a Boki che (ero sicuro) mi ha appoggiato avendo la mia stessa storia linguistica in famiglia e dunque sa benissimo di cosa parlo, ma che lo ha fatto dall’alto dei suoi studi e delle sue conoscenze che mi hanno insegnato cose che non sapevo (che esistesse anche la versione POgačar è stata una novità) e già che ci sono gli faccio una domanda sull’argomento dello spagnolo parlato nelle “colonie” americane, spagnolo più arcaico di quello moderno. 

È la prima volta che lo faccio, ma stavolta proprio non ne posso fare a meno. Vorrei subito stoppare la discussione che immagino verterà sulle considerazioni di Pado e Roda, persone che stimo tantissimo e con le quali ci conosciamo e apprezziamo già da tanto tempo, anche per le sconvenscion bellissime che abbiamo passato assieme.

Semplicemente la discussione che hanno cominciato è totalmente, perfettamente fuori tema rispetto a quanto volevo dire io. Quanto dicono mi trova perfettamente d’accordo con loro, solo che non è questo il punto. Per dire quanto mi trovo d’accordo basti l’accenno che faccio nel post alla pronuncia di Macura alla americana che, ripeto, mi fa sbellicare dalle risate. E Dellavedòva dove lo mettete? Tanto per dire. Ricordo fra l’altro che agli inizi della mia carriera commentai da seconda voce i Mondiali di calcio del 1974. Nella Svezia giocava un’ala di nome Sandberg che io, nel mio zelo da neofita, per tutta la telecronaca chiamai, come in effetti era, Sandberj. Il giorno dopo incontrai per strada amici miei che per prima cosa mi risero in faccia. “Dai, Sergio, per favore, smettila di farla fuori dal vaso! Chi vuoi che ti prenda sul serio con il tuo Sandberj?”. Capii al volo l’antifona e potete stare sicuri che i nomi svedesi, Borg compreso, da quel momento in poi li ho sempre pronunciati alla nostra. E non ho mai detto Joeteborj se non come curiosità per dire agli spettatori come gli indigeni chiamano la loro città (magnifica fra l’altro, ci sono stato).

Ho veramente tanta roba da dire dopo che nei vostri commenti avete toccato un’infinità di argomenti che non saprei da dove cominciare. Lascio le mie riflessioni sui tiratori metafisici per la fine, così che forse leggerete anche il resto.

Comincio con una nota di cronaca che forse non vi interessa, ma ieri si è svolta la cerimonia della consegna dei premi per lo sportivo dell’anno in Slovenia. Ha vinto ovviamente Tadej Pogačar davanti a Primož Roglič con Luka Dončić terzo (!) per un’incollatura (!) davanti alla medaglia d’oro olimpica nella canoa fluviale Benjamin Savšek. Che è dunque giù dal podio pur avendo ottenuto un successo straordinario per un Paese piccolo come la Slovenia. Come a dire troppa grazia Sant’Antonio. Fra le donne ha vinto ovviamente a mani basse spiderwoman Janja Garnbret, altro oro olimpico, mentre fra le squadre c’era da scegliere fra i quarti alle Olimpiadi, i cestisti, e i vicecampioni d’Europa della pallavolo. Anche qui niente male, che ne dite? Hanno vinto, come è solo normale, i cestisti.

La scorsa settimana sono rimasto confinato nell’angusto perimetro di casa causa il mio consueto episodio tardo autunnale di guai intestinali dovuti al Crohn (quelli che hanno visto in diretta coloro che sono stati presenti tanti anni fa a Staranzano alla presentazione del libro), guai che mi hanno tenuto inchiodato ad una vicinanza di sicurezza dalla tazza del bagno, per cui mi sono fatto una scorpacciata di TV in cerca di spunti per questo blog. Non so se ero in delirio, ma il fine settimana scorso ho visto una partita di campionato italiano nella quale le due squadre andavano a turno in attacco, uno a caso sparava un tiro del piffero con conseguente mattonata, gli altri prendevano il rimbalzo, andavano a loro volta in attacco, il loro designato sparava il suo tiro del piffero con mattonata uguale e contraria, gli altri riprendevano la palla e tutto ricominciava esattamente allo stesso modo. Dopo cinque minuti di questo assoluto non senso ho cambiato canale, o per meglio dire mi sono messo a guardare uno della mia raccolta di film romantici, quelli che mi tirano su e, almeno surrettiziamente, mi fanno pensare che la vita possa anche essere bella e divertente.

Poi sono successe tre cose di fila che mi hanno finalmente dato lo spunto, anche se è un argomento che ho trattato finora fino all’esaurimento psicofisico (mio) senza raccogliere alcun tipo di frutto, il che mi fa sospettare che purtroppo anche una platea di persone sicuramente di intelligenza nettamente superiore alla media quale siete voi a volte ha difficoltà a credere alle proprie capacità di ragionamento preferendo adagiarsi al mainstream, a quanto dicono sedicenti esperti da tavolino e salotto (con annesso tablet per le famigerate statistiche, ovviamente), e dunque in definitiva a credere, al di là di ogni prova che possa loro offrirsi davanti ai loro occhi, a quanto in realtà le viene fatto credere.

Ringrazio Llandre per il filmato che ci ha proposto e che mi permette di togliermi molti scogli dalle scarpe. Ma come? Quando a dire certe cose è il sottoscritto, sì…però così si giocava una volta…oggi questo tipo di gioco non è proponibile…, quando invece le stesse identiche cose le predica un santino del basket americano tutti lì a sbrodolarvi come se l’invenzione dell’acqua calda fosse la stessa cosa della scoperta della fusione nucleare a freddo. Mi sento, a dire il vero, un tantino offeso. Forse qualcuno dei più attenti di voi ricorderanno che all’inizio di questo blog, penso fosse esattamente 10 anni fa durante l’Europeo del 2011, scrivevo che la squadra che seguivo con più divertimento e interesse era la Gran Bretagna, squadra modesta, allenata da un coach abbastanza decrepito e apparentemente senza alcun tipo di carisma, perché non urlava, non si sbracciava e non disegnava geroglifici sulla lavagnetta, che però mi folgorò quando la vidi iniziare l’attacco senza il famigerato p’n’r alto con il centro a uscire fino a quasi metà campo tentando di tagliare la strada al difensore della guardia centrale (dire play sarebbe fuorviante) e poi magari rimanendo lì a fare l’ancora più famigerato pick and pop.