Innanzitutto un ringraziamento a tutti per la magnifica giornata trascorsa a Latisana, sperando che fra poco ci possa essere il bis, magari un tantino più numeroso (per quanto pochi, ma molto buoni, è pur sempre una situazione comunque vincente), qui da noi a Praprot.

Comunicazioni di servizio. Per la sconvenscion del 17 p.v. non ci sono osmice particolarmente stimolanti dalle nostre parti, per cui abbiamo pensato, assieme al mio “think tank” più ristretto, di ritornare a Latisana all’agriturismo Zaglia dove siamo già stati e dove, mi sembra, ci siamo trovati molto bene. E d’altronde è molto più vicino e comodo da raggiungere per chi arriva fuori dal FVG, per cui penso che non ci saranno problemi. Per chi non c’è ancora stato ricordo che basta uscire dall’autostrada a Latisana, prendere la bretella per Lignano e dopo un km circa (se non prima ancora) c’è a destra lo svincolo in direzione Trieste che si collega alla vecchia statale TS-VE. Lì si fanno non più di 500 metri e a destra si vede benissimo l’insegna dell’agriturismo, per cui è facilissimo arrivarci. Solita ora, ovviamente, con inizio “lavori” verso l’una. Sempre per gli eventuali neofiti ripeto che ogni partecipante è benvenuto, che ovviamente non ci sono formalità per essere presenti, basta avvertire che si viene. Tutto qua. In questo caso, per avere un’idea sufficientemente precisa sul numero dei partecipanti pregherei caldamente chiunque avesse il desiderio di partecipare di avvertire via social Walter Fraccaro per confermare la sua presenza, oppure di lasciare un messaggio sul sito in calce a questo annuncio. Ciò permetterà di prenotare il giusto numero di posti tavola e dunque faciliterà molto le cose dal punto di vista logistico. Chiaro, se uno viene non prenotato, non sarà cacciato via con ignominia, anzi, però se lo dicesse prima sarebbe molto gradito.

Niente da dire: è stata una settimana di emozioni forti, cominciata nello sconforto più lacerante per il trionfo delle forze del male nell’Eurolega e finita con l’estasi del trionfo dell’Aquila dello Zasavje (come viene chiamato in Slovenia Primož Roglič dalla regione dalla quale proviene che, come dice il nome stesso, è il territorio dietro alla Sava, regione mineraria da secoli, e dunque è un po’ il Galles della Slovenia, terra di gente molto tosta tipo nel basket Tušek o Smodiš) a Lussari, o Svete Višarje in sloveno, nella tappa decisiva del Giro. Questi eventi hanno scatenato in me tutta una serie di considerazioni sulla potenza dello sport e delle emozioni che offre che vorrei dividere con voi.

Prima di tutto però la conferma della sconvenscion per sabato 17 giugno in luogo da destinarsi di cui ovviamente sarete informati in tempo. Quello che vorrei aggiungere è che a questo punto, viste le tante assenze, avrei una mezza (tre quarti?) idea di fare una specie di bis a metà luglio per quelli che non potrete venire in giugno. Tanto per me due sabati in osmica sono sempre meglio di uno solo, per cui dite solo se gli assenti della prima tornata sareste interessati a una cosa del genere e, eventualmente, quando sarebbe la data migliore. Va da sé che non è assolutamente proibito venire due volte, ovviamente.

Scusate il ritardo, ma mi sono preso un periodo di totale relax dopo il tour de force di serate di presentazione del libro e di impegni vari. C’è anche il Giro di cui ho seguito con grande attenzione la prima settimana. Purtroppo ora ho perso molto del mio interesse dopo il ritiro di Evenepoel, in quanto penso che la eventuale vittoria di Roglič, molto probabile in ogni caso essendo il più forte fra i presenti (a meno che prima o poi non si schianti come fa di solito), sarebbe comunque vista come una vittoria un po’ rubata, vista la pompa mediatica allucinante che accompagna il bimbo prodigio belga. Per quanto mi riguarda rimango sempre dell’opinione che in una corsa di tre settimane lui non regga la terza settimana. Cosa ampiamente dimostrata già nella Vuelta dell’anno scorso quando un Roglič a mezzo servizio cominciò nella terza settimana a recuperare i tre minuti di ritardo che aveva prima di schiantarsi in una volata a gruppo ristretto (senza Evenepoel, fra l’altro). E poi volevo vedere come finivano i playoff dell’Eurolega per avere di che parlare e discuterne con voi.

In questi ultimi tempi sono sempre più dubbioso sull’opportunità di tenere ancora in piedi questo blog. Non si tratta di voi, ma di me. Per esempio ieri c’era in contemporanea su Sky la diretta gol della Champions’ League e Scafati-Brindisi di basket. Anni fa non ci sarebbe stata discussione, il basket aveva sempre la precedenza assoluta, praticamente per default. Ora è successo che della partita di basket ho guardato forse quattro azioni del terzo quarto e poi ho cambiato automaticamente canale (fra l’altro c’era su Slovenia 1 un bellissimo documentario francese sulla parabola politica di Margaret Thatcher – sapevate che quando morì in tutta l’Inghilterra sorsero manifestazioni di giubilo che festeggiarono l’evento accompagnandolo con la canzone “La strega cattiva è morta” del Mago di Oz? -  che mi sono goduto tutto continuando a chiedermi perché tutti gli europei - tedeschi e inglesi su tutti - facciano straordinari documentari di storia recente, meno gli italiani che sembrano sempre più maestri della superficialità sparando a raffica banalità sconcertanti e deprimenti), con il risultato che alla fine mi sono fatto un esame approfondito di coscienza venendo alla conclusione che di basket corrente ne so quasi meno di nulla, per cui non avrei assolutamente alcun diritto di parlarne. Poi però mi sono subito accorto che rinunciare, come dovrei, a parlare di basket attuale non mi impedisce di fare da memoria storica del basket che fu e che secondo me era vero basket, quello che mi fece innamorare al primo momento che lo vidi e che poi ha accompagnato tutta la mia vita dandomi da vivere e dandomi straordinarie soddisfazioni personali ogni volta che c’è una sconvenscion, quando mi accorgo di avere tanti veri amici che mi apprezzano soprattutto come persona.

Scusate se è da molto tempo che non mi faccio vivo. Ci sono molte ragioni: in questi ultimi tempi sto facendo molte serate di presentazione del libro e in più è in pieno svolgimento il campionato triestino di bridge, per cui il mio interesse è abbastanza disperso. A proposito di serate, di solito non lo faccio, ma stavolta spero che mi perdonerete se rivolgo anche pubblicamente un grande ringraziamento a Loris e Carlotta Lovat per la magnifica serata trascorsa a Treviso (in realtà Villorba) sabato scorso con tantissima gente a ascoltarmi (c’era anche Llandre e può confermarlo) e poi a chiedermi di firmare il libro. Serata poi finita in trionfo a cena con animate discussioni sui massimi sistemi fino alle tre di notte accompagnate da abbondanti e ottime libagioni. L’unica cosa che mi dispiace e, se mi legge, mi scuso con lui, è stato di non essere riuscito a fare la chiacchierata che volevo fare con Andrea Gracis che era presente e che ho solo salutato, convinto che poi venisse a cena con noi, cosa che non ha potuto fare. Gracis è una di quelle persone, del tipo di Fabbricatore per intenderci, che ammiro tantissimo per come giocava, da cui mi aspetto di poter discutere di basket in modo serio e approfondito e che sicuramente avrebbe molte cose da dirmi.

Sto per scrivere una cosa che mai si sarei immaginato un giorno di dover fare. Devo confessare che di solito quanto scrive Edoardo non è che normalmente mi trovi particolarmente d’accordo, soprattutto quando parla di politica affermando cose che per me sono come dire che il sole non è giallo, ma verde, per cui siamo su pianeti (galassie?) diversi in tema di concezione di cosa sia il mondo, ma stavolta devo proprio ringraziarlo per un suo contributo. Parlo ovviamente del decalogo sui falsi miti del basket moderno concepito e pubblicato da Carlo Fabbricatore. Dal mio punto di vista è una cosa che bisognerebbe scolpire su una pietra e portarla in giro per il mondo tentando di convertire il più possibile di gente ancora benpensante. Un po’ quanto fatto da Mosè con i suoi comandamenti, se si può usare un paragone tanto blasfemo (Leo, scusa).